Carissime e carissimi tutti,
è importante prendere coscienza della nostra specifica vocazione per realizzarla secondo il piano d’amore che Dio ha su ciascuno di noi, restando in ascolto della voce della coscienza che interiormente ci guida. Abbiamo vocazioni diverse, ma siamo tutti chiamati a percorrere la stessa via di santità, nonostante i diversi stati di vita e le molteplici situazioni in cui viviamo. Sposati o no, al di là della nostra scelta di vita, in tutte le circostanze, dobbiamo sempre puntare sull’amore, sapendo che non conta quello che facciamo, ma con quanto amore lo compiamo. Dio ci ha creati per amore e ci chiama a vivere in comunione con lui e con gli altri. Ogni vocazione particolare ha senso se è vissuta come strada e come mezzo per amare e servire Dio e il prossimo.
La santità è per tutti, indistintamente.
Quando ci amiamo scambievolmente come Gesù ci chiede, egli è presente fra noi se uniti nel suo nome, siamo pronti a dare la vita gli uni per gli altri, camminando insieme sulla via della santità che conduce al Cielo.
Non è un’impresa così ardua, se non confidiamo nelle nostre forze, ma sulla grazia di Dio che ci eleva e ci sostiene. La santità, infatti, non è alla portata delle nostre capacità umane, né frutto del nostro impegno.
Le virtù morali, infatti, non costituiscono la vita cristiana nella sua vera essenza, nel senso che ci possono essere delle persone atee profondamente giuste, con una vita morale autentica.
Si tratta, allora, di comprendere il significato di quell’affermazione della Scrittura, che ci invita alla santità: «Siate santi perché io sono santo» (Lv 11,44), ciò significa prima di tutto che non possiamo avere una santità “nostra”, solo Dio è santo.
Probabilmente ci possono essere dei peccatori che sono molto più avanti nel cammino della santità delle persone che nutrono il sentimento del “proprio” valore morale e spirituale; la coscienza della propria virtù allontana da Dio a differenza della consapevolezza interiore del proprio peccato e dei propri limiti.
L’esperienza del proprio fallimento, il fatto di sentire che non siamo santi, ma difettosi e pieni di limiti a volte anche dopo una lunga vita, l’impressione di non aver concluso quasi niente nella vita, questa insoddisfazione potrebbe essere utilissima per un percorso di vera santità, che non dobbiamo mai far dipendere dalla nostra virtù.
Siamo nati per Dio, veniamo da Dio e a Dio torniamo; la santità è la vita di Dio in noi, sul “vuoto” di noi, fatti pura accoglienza. Dobbiamo, allora, dare il giusto posto alle virtù teologali e non a quelle morali. Se ci apriamo alla fede, alla speranza e alla carità, di conseguenza coltiveremo anche la giustizia, la bontà, la lealtà…, ma la molla della nostra vita sarà la fede, il desiderio di Dio pieno di fiducia che si manifesta nella speranza che ci fa camminare, distaccandoci da qualunque attaccamento per concentrarci solo sull’Amore che è Dio; la carità diventerà allora il vero respiro della nostra anima.
Se, invece, mille desideri e affetti rimangono in noi, occupando il nostro mondo interiore, non possiamo entrare in comunione con Dio; non possiamo, cioè, assommare qualcosa a Dio; dobbiamo piuttosto amare tutto in Dio.
Diversamente avremo il cuore diviso tra Dio e tanti nostri idoli o idoletti, che ci tengono prigionieri e ci impediscono di spiccare il volo verso l’Alto.
Tutto può diventare un idolo: la famiglia, il lavoro, la nostra personale santità, il nostro apostolato, il nostro concetto di Chiesa, di Stato, ecc.
Prima o poi nella vita giunge però spesso il momento salutare della crisi: crollano le nostre sicurezze, a cui ci aggrappavamo: è un’esperienza positiva se diffidando finalmente di noi stessi, consapevoli dei nostri limiti e della nostra piccolezza, prendiamo coscienza della nostra assoluta dipendenza da Dio.
In fondo l’azione della grazia in noi può convertirci in qualunque momento, se ci apriamo all’azione dello Spirito. Basta un attimo per raggiungere la santità, se accogliamo Dio in noi e gli permettiamo di amare in noi e attraverso di noi. In qualunque modo avessimo vissuto la vita fino a quell’istante non ha nessuna importanza per poco che ci apriamo all’amore di Dio, certi che niente può impedire a Dio di essere Dio, niente cioè può impedire all’Amore di essere l’Amore. Dio, nella gratuità del suo amore, si dona a noi e se lo accogliamo con viva fede diventa la nostra vita, la nostra vera santità, non ci resta, allora, che godere dell’Amore che è Dio, lo Spirito Santo effuso nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5).
Il nostro infinito nulla può incontrarsi con l’infinito tutto, grazie al mistero dell’Incarnazione, che ha reso possibile il nostro rapporto con Dio, rendendoci partecipi della natura divina.
Il giorno in cui sperimentiamo la nostra impossibilità di raggiungere la santità con le nostre forze, si apre per noi, se lo vogliamo, la strada dell’umiltà e possiamo finalmente dire con sincerità: “O Dio, vieni a salvarmi” (dalla Liturgia delle ore).
Solo Gesù ha reso possibile il nostro rapporto con Dio, siamo figli nel Figlio; tutti indistintamente siamo chiamati a vivere la nostra vocazione cristiana che ha dei connotati mariani: si tratta, infatti, di permettere a Cristo Signore di continuare la sua incarnazione in ciascuno di noi. Egli si è incarnato nel seno della Vergine, ancora oggi egli rende possibile il nostro rapporto col Padre, se lo accogliamo in noi, lasciandoci in qualche modo assumere da lui in comunione con Maria.
Anche se avessimo commesso i peccati più gravi, dobbiamo conservare la ferma fiducia nell’amore di Dio che ci salva e ci redime, anzi anche nei riguardi delle persone con cui viviamo e che ci vengono affidate dobbiamo conservare la stessa fiducia nonostante eventuali loro limiti e peccati, Dio è più grande del nostro cuore. Personalmente ho sperimentato in me una grazia di partecipazione alla maternità di Maria che fin dalla giovinezza mi ha fatto credere in un disegno di Dio che mi lega a coloro che Dio mi dona per vivere insieme un’avventura d’amore che ha per meta il Cielo nonostante i nostri eventuali limiti e peccati. Io credo in coloro che Dio mi mette accanto per camminare insieme, perché sono certa che la santità a cui siamo chiamati non è la nostra perfezione, impresa impossibile, ma Gesù in mezzo a noi, il Santo fra noi, se sappiamo amarci reciprocamente e perdonarci dopo ogni caduta.
La santità è per noi raggiungibile se è la santità di Gesù che ci unisce in un solo corpo. Non si tratta di scalare coi nostri sforzi la montagna della perfezione, ma di abbandonarci a Dio, facendoci guidare da Maria, restando vigili e in ascolto delle mozioni dello Spirito, nei vari momenti della nostra vita.
Abbiamo una sola vita, spesso anche breve, non sprechiamola, facciamoci santi insieme custodendo la presenza di Gesù fra noi, fonte di luce e di gioia.
Dio ci vuole santi: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44). La nostra santità non si assomma a quella di Dio.
Non saremo mai santi, se non lo siamo fin da adesso accogliendo in noi l’Amore, che è Dio, il Santo fra noi vivo e operante nella nostra unità.
Il cammino della vita è fatto di gioie e di dolori, tutto concorre al bene se amiamo Dio (cfr. Rm 8,28).
Non ci può essere poi cammino di santità, senza gioia, spesso se la nostra vita è triste è perché manca l’apertura allo Spirito Santo, che è fonte di gioia, né il nostro amore reciproco è autentico, se è sterile, se non interpella gli altri, se non attira i cuori.
Non trascorriamo nemmeno un istante senza amore; amiamo sempre tutti, senza esclusione di persone, amiamo senza partire da noi, ma dagli altri, sapendo purificare anche la nostra maniera umana e personale di amare, spesso inadeguata alle situazioni e alle esigenze degli altri.
Se amiamo, tutto diventa possibile e Gesù fra noi, il Santo, ci santifica insieme.
vostra sr. Nunziella