Carissime e carissimi tutti,
qualunque sia la nostra particolare vocazione, Dio chiama tutti alla santità, pur camminando per strade diverse tendiamo tutti alla stessa meta: la piena comunione con Dio e con gli altri.
Ogni scelta di vita è via di santità
Scegliere la propria specifica vocazione e viverla con fedeltà e umile determinazione è la condizione indispensabile per progredire nel cammino della santità.
È, dunque, importante cogliere e approfondire ogni giorno di più il senso e il significato della propria scelta di vita, sia essa quella del matrimonio o quella di una donazione a Dio in molteplici forme, a cominciare dalla verginità consacrata.
Grande potrebbe essere il progresso per la sinodalità della Chiesa se sposati, laici, religiosi, consacrati vivessero in comunione, mettendo le loro differenti ricchezze a servizio degli altri.
I vergini dovrebbero guardare agli sposati per comprendere meglio, nella concretizzazione del rapporto coniugale, l’amore capace di giungere fino al dono della vita, quale è quello di Gesù nei riguardi della Chiesa, sua Sposa.
Gli sposati, a contatto con i vergini, dovrebbero, invece, poter cogliere più profondamente il senso della libertà e della purezza dell’amore verginale.
Non esiste una vocazione migliore di un’altra, né uno stato di perfezione; ogni strada è buona se diventa via e mezzo di santità, in tal senso possiamo parlare della perfezione dello stato. Essere mamma di famiglia, o laico o suora, o sacerdote…, non costituiscono mete, traguardi della nostra vita, ma solo strade; Dio solo è il nostro fine, davanti al quale tutto diventa via e mezzo.
Ognuno trova nella sua strada tutti gli aiuti necessari alla sua crescita umana e spirituale. Anche le gioie e i dolori sono finalizzati a farci progredire nel cammino di santità.
Può essere utile, a questo punto, fare qualche specifico accenno al matrimonio e alla verginità per il Regno, per coglierne meglio le differenze e i punti di contatto.
Matrimonio e verginità per il Regno
Il matrimonio è uno dei sette sacramenti istituiti da Gesù, quali segni efficaci della grazia; la verginità per il Regno, invece, non è un sacramento, essa indica la condizione di vita, che tutti attende in Cielo.
Il matrimonio cristiano santifica chi lo vive in pienezza, è una sorta di partecipazione allo stesso amore di Cristo per la Chiesa. Gli sposati con la loro vita ci spiegano, in qualche modo, il mistero di Gesù crocifisso, che ha dato la vita per la Chiesa, sua Sposa. Gli sposi cristiani, cioè, attraverso il legame che li unisce nella buona e nella cattiva sorte, ci mostrano fino a che punto Gesù si è legato a noi, sua Chiesa.
Il matrimonio è, in tal senso, un segno sacramento, che esige anche il suo superamento, perché il vero “matrimonio” è, per tutti, con Gesù, unico Sposo del cuore.
Il sacramento del matrimonio se vissuto bene, è destinato a sfociare nella verginità propria della condizione dei risorti.
Quando i Sadducei chiesero a Gesù di chi sarebbe stata moglie, nella risurrezione, la donna che in vita aveva avuto sette mariti, Gesù rispose che «i figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dei morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire perché sono uguali agli angeli» (Lc 20, 34-36a).
San Paolo esorta gli sposati a vivere come se non lo fossero, perché passa la scena di questo mondo (cfr. 1Cor 7,29). In Paradiso saremo tutti vergini, sposati e non, ecco perché il matrimonio è un sacramento, perché finisce mentre la verginità dura in eterno e riguarda tutti.
Tutta la tradizione della Chiesa ha sempre esaltato il valore della verginità per il Regno dei cieli e quello della stessa verginità fisica, intesa come purezza e integrità, basta pensare a santa Maria Goretti.
I padri della Chiesa hanno decantato la bellezza della verginità; sant’Ambrogio ne è stato un grande assertore; si racconta che, quando egli arrivava in un luogo, le mamme chiudessero le figlie in casa per timore che, dopo averlo sentito parlare, lasciassero il velo delle nozze per quello delle vergini.
In verità, su questa terra non c’è nessuna ragione per restare vergini, nell’Antico testamento la verginità era sentita come una disgrazia e anche oggi essa può sembrare umanamente incomprensibile.
In realtà, la verginità per il Regno è un dono, una grazia che viene da Dio: i vergini, scegliendo la stessa condizione di vita di Gesù e di Maria, sono il segno della risurrezione e dell’immortalità.
Chi si sposa tende a restare sulla faccia della terra attraverso la sua discendenza: i suoi figli; i vergini, invece, fondano la loro rinunzia al matrimonio sulla fede nella risurrezione e sulla certezza di un’altra realtà. In Paradiso, infatti, ci sarà una pienezza di vita che domanda la fine del segno sacramento del matrimonio.
Tutti, anche gli sposati, sono chiamati a raggiungere la verginità del cuore nel loro amore coniugale, del resto anche la verginità consacrata tale non è se non diventa prima di tutto verginità del cuore, strada di santità fondata sull’amore.
Nonostante la bellezza della verginità per il regno non è, però, possibile consacrarsi a Dio senza una grazia che venga dall’Alto; non si può, d’altro canto, vivere un vero matrimonio cristiano senza l’umiltà di riconoscere che esso è un mezzo per arrivare alla verginità del cuore e, a volte, anche all’esercizio della castità. Tra il matrimonio sacramento e il matrimonio come viene umanamente inteso c’è la differenza del giorno dalla notte. Lo stesso itinerario umano del matrimonio pone, non di rado, agli sposi il problema della continenza nei rapporti per motivi molteplici; in certi casi, in pratica, se si vuole vivere cristianamente da sposati, si deve saper instaurare un rapporto da fratello a sorella; sembra che per natura sua, la condizione del matrimonio tenda, a volte, a sfociare in una convivenza di vergini.
Se non capiamo che ci si sposa per arrivare a vivere un giorno, di qua o di là, come Maria e san Giuseppe, partiamo male. Potremmo dire che per vivere bene il matrimonio bisogna comprendere il valore della verginità e ad essa aspirare come meta ultima, di qua o di là.
Nel matrimonio, inoltre, l’offerta e il sacrificio della verginità fisica paga il prezzo della maternità e della paternità. La verginità consacrata, poi, ha senso se diventa maternità e paternità spirituale.
Sposati e non tendiamo tutti alla stessa meta: seguire il destino della Vergine Madre.
Siamo tutti chiamati all’amore
Potremmo concludere dicendo che tutti, indistintamente, siamo chiamati all’amore, seguendo Gesù nella gioia e nel dolore, però la forma di vita degli sposati o dei consacrati esprime l’uno o l’altro aspetto del mistero cristiano. Gli sposati, come abbiamo detto, sono, per così dire, segno di Gesù crocifisso che sposa la Chiesa sulla croce donando la sua vita, in una fedeltà che giunge fino alla morte…; gli sposi cristiani, cioè, esprimono l’amore del Crocifisso nel segno sacramento.
Il vero matrimonio, di cui gli sposati sono segno, è, però, quello con Cristo nelle nozze eterne, al di là della morte, di tale risurrezione sono segno invece i consacrati, che, in un certo senso, anticipano la morte, cioè quella situazione in cui tutti, sposati e non, ci ritroveremo di là. Questo non significa che i consacrati siano più santi degli sposati, ciò che ci fa santi è l’amore e non la forma di vita in cui lo incarniamo, per cui ci possono essere degli sposati più santi dei consacrati perché amano di più, ciò significa solo che la forma di vita di chi si consacra a Dio indica lo stato dei risorti che non si sposano più, cioè quella verginità del cuore, quell’amore verginale a cui tutti, sposati o vergini, dobbiamo giungere per andare in Paradiso.
Nella via della santità, in qualunque vocazione, quel che conta è amare, facendo la volontà di Dio attraverso i compiti e i doveri della vita quotidiana.
È certo che Dio chiama tutti alla santità e che ci fa trovare nella nostra specifica vocazione tutti gli aiuti e i mezzi necessari per camminare speditamente; non ci resta che abbandonarci con fiducia a lui nella splendida avventura della nostra vita che è un progetto condotto avanti dall’amore di Dio.
vostra sr. Nunziella