Punto luce Novembre 2024 - NECESSITÀ DI UNA SCELTA DI VITA

Carissime e carissimi tutti,

non è possibile camminare sulla via della santità senza operare una scelta di vita rispondente alla propria vocazione e al disegno che Dio ha su ciascuno.

Si impone la necessità di un serio discernimento perché, anche se la santità dipende dall’amore con cui viviamo, è pur vero che solo camminando sulla nostra strada specifica possiamo progredire nell’amore e nell’impegno di vita cristiana.

È, dunque, importante scoprire e vivere la nostra vocazione particolare perché solo in essa troveremo i mezzi per santificarci e realizzare il piano di Dio su di noi.

 

 L’universale chiamata alla santità

Tutti indistintamente, qualunque sia la nostra vocazione, siamo chiamati alla santità. Non si tratta di una meta riservata solo ad alcuni, i fortunati “capitalisti” dello spirito, e preclusa agli altri, alla folla del “proletariato” dello spirito. La santità è per tutti, essa non ci lega a nessuna forma di vita concreta.

Ciò che ci fa santi è “come” viviamo e non “che cosa” facciamo.

La santità non è qualcosa che noi cristiani possiamo acquistare con il nostro impegno e i nostri sforzi personali, è un dono che riceviamo già nel Battesimo, con la nostra partecipazione alla natura divina, in Cristo. Non esistono, per così dire, tante santità, esiste solo la santità di Dio, di cui noi possiamo essere partecipi.

I santi non sono tali perché hanno una loro santità personale, ma perché hanno creduto all’amore di Dio e hanno accolto in loro il Santo: Cristo Gesù, in cui ogni uomo e ogni donna può trovare la sua dignità, la spiegazione della sua vera natura e il senso della sua vocazione.

La nostra piena realizzazione coincide, allora, con una perfetta “conformità” alla persona di Gesù, poiché quelli che Dio «da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rom 8,29). Dire “conformità” non significa imitazione, ma amorosa e completa adesione di tutta la persona fino al punto di poter dire con san Paolo: «… non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

 

La conformità a Cristo nelle diverse vocazioni

La via per conformarsi a Gesù è quella della carità, nella quale consiste la perfezione.

Una mamma di famiglia, una suora, un sacerdote, un deputato… tutti sono chiamati ad essere perfetti nella carità espressa nelle molteplici forme delle loro diverse vocazioni.

Ogni vocazione vissuta in pienezza è via di santità e di conformità a Gesù.

Ricorrendo a un esempio possiamo dire che, nel cammino della santità, succede come quando per fare una statua si porta allo stato incandescente un materiale adatto versandolo in uno stampo, a seconda della forma di quest’ultimo la statua risulta differente. La natura del materiale è la stessa, ma la statua cambia col cambiare dello stampo utilizzato. Analogamente ciò che rende incandescente la nostra vita è l’amore.

Perché la statua venga bene, bisogna che il materiale sia ben liquefatto per aderire allo stampo; così è per noi se ci lasciamo liquefare al calore della carità: perdendo ogni resistenza alla grazia entreremo nello stampo che da tutta l’eternità Dio ha preparato per noi, raggiungendo la santità.

Non importa di quale statua si tratti, è importante solo che riesca bene. Per un artista non conta il soggetto scelto, ma come lo ha realizzato. Alla fine della vita conterà solo l’amore, la nostra vocazione realizzata al fuoco della carità. È chiaro, però, che perché questo avvenga bisogna entrare nello stampo che Dio ha scelto per noi e non in uno voluto da noi, da qui l’importanza di discernere la propria specifica vocazione.

Sposati, consacrati, religiosi, vescovi, sacerdoti, laici, lavoratori, malati… tutti, in qualunque vocazione e condizione, possono camminare sulla via della santità che consiste nella perfetta adesione al momento presente, nel compimento della volontà di Dio secondo i doveri del proprio stato.

 

La scelta di vita

Nel cammino della santità si impone per tutti la necessità di una scelta di vita lucida e consapevole.

Si tratta di discernere attentamente le proprie aspirazioni ed esigenze in relazione al matrimonio o a una vita di donazione a Dio in molteplici forme, a cominciare dalla verginità consacrata.

C’è da dire, però, che forse non esistono due strade per arrivare a Dio, ma una sola, quella dell’Amore, nel senso che nell’unica via, che conduce al Cielo, incontriamo il matrimonio, che richiede la verginità del cuore, e la verginità per il Regno, nel senso che sulla strada della vita, che è una sola per tutti, coloro che si consacrano fanno una specie di salto in lungo: rinunciano, per un dono di grazia, al matrimonio, anticipando la condizione in cui la morte collocherà tutti. I vergini, in un certo senso, anticipano di qua quella condizione in cui, sposati e non, si ritroveranno di là.

Alla fine della vita ciò che ci farà santi sarà solo l’amore. Ciò significa che una mamma che avesse vissuto fino in fondo la sua vita cristiana potrà forse avere amato di più di una consacrata. Resta però vero che l’amore esclusivo per Gesù, la scelta di Dio sommamente amato lega in modo particolare la vita dei vergini a quella di Maria. Sposati o vergini tutti siamo però chiamati a vivere un percorso di verginizzazione, in cui l’uomo e la donna giungano a vivere in profonda unità fino a diventare capaci quasi di “inglobare” in sé le caratteristiche dell’altro sesso, fino ad essere, per esempio, l’uomo dotato di vera tenerezza e la donna di autentica fortezza; in tal senso ogni vergine è, per così dire, uomo-donna, ma così pure lo è chi percorre la via del matrimonio cristianamente vissuto. In fondo è l’amore che tutti ci verginizza, aprendoci il Cielo.

In questa prospettiva la chiamata alla verginità per il Regno, quale scelta esclusiva di Dio, è particolarmente feconda. «Più numerosi sono i figli dell’abbandonata – dice la Scrittura – che i figli della maritata» (Is 54,1). C’è uno stretto rapporto tra la verginità e la maternità spirituale. La Chiesa nel suo mistero è madre, Maria ne è la figura; la Vergine-madre è l’espressione più perfetta della maternità della Chiesa. La stessa maternità fisica si svuota di significato senza la maternità spirituale, che riguarda anche chi si sposa.

Si comprende come la verginità sia una delle espressioni più belle della maternità della Chiesa e di Maria. La maternità della Chiesa è, infatti, mariana e verginale.

La verginità del cuore e la maternità spirituale sono, dunque, importanti per tutti, sposati e non, se vivono con amore la loro vocazione.

A questa luce, chi si trovasse nell’età di fare una scelta di vita se non comprende, intuitivamente, il senso della verginità per il Regno, dovrebbe scegliere senz’altro di incamminarsi per la via del matrimonio, ma se Dio lo chiamasse, dovrebbe mettersi in ascolto delle parole di Gesù: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!» (Mc 4,9).

Dio ci riserva tutte le grazie necessarie per il nostro cammino di santità là dove ci vuole. Nella nostra specifica vocazione, anche se incontreremo sempre le inevitabili prove della vita, dobbiamo però, per così dire, sentirci “comodi”, a nostro agio, al nostro posto.

La verginità è certamente un grande carisma, basta pensare allo stuolo di santi e di sante, che hanno percorso la via della perfetta castità. Anche le varie scelte di donazione a Dio e lo stesso sacerdozio sono cammini di autentica santificazione.

Per scegliere la verginità, però, non basta coglierne la bellezza e sentirci attirati, bisogna che la prospettiva di una vita spesa per Dio e per gli altri, senza una famiglia propria, non ci faccia paura, anzi ci attiri e ci affascini. Se così non fosse, se sentissimo invece il bisogno di camminare con un’altra persona nella strada della vita, formando una famiglia, che sia una piccola Chiesa, allora dovremmo aprirci alla prospettiva di un possibile matrimonio… poi sarà quel che Dio vorrà, perché per sposare bisogna essere in due.

La Chiesa ha conosciuto splendide figure di santi sposati, penso ai genitori di santa Teresina, a santa Monica, a santa Gianna Beretta Molla. Quel che conta è quello che Dio vuole per ciascuno. Per chi si sposa, in ogni caso, Gesù rimane, per così dire, il primo sposo del cuore.

Va tenuto presente, però, che più tempo passa e più diventa difficile la scelta di vita, perché subentrano mille remore umane e psicologiche. Secondo me, sia nel matrimonio, sia nella vita religiosa o di consacrazione a Dio in forme diverse, non c’è niente di più bello che donare a Dio la propria giovinezza. Scegliere da giovani la propria vocazione è, a mio avviso, una grazia aggiunta.

È importante prima di tutto puntare sulla scelta di Dio, più che su quella della strada specifica, questa viene di conseguenza, però quando giunge l’ora di Dio non bisogna farla passare: è il momento di spiccare il volo nella direzione da lui indicata.

Possiamo riflettere, farci anche consigliare, ma poi dobbiamo decidere, diversamente la nostra vita passa irrealizzata, perché è solo nella nostra vocazione specifica che troveremo i mezzi per realizzare il disegno di Dio su di noi.

Abbiamo una sola vita, spesso anche breve, spendiamola bene, incarnando l’amore nella forma di vita che Dio vuole da noi. A noi resta solo di lasciarci liquefare dal fuoco della carità per entrare bene nello stampo che Dio ci ha riservato.

Essere e restare nell’amore è il cammino della santità; solo così il momento della morte fisserà quest’amore nell’eternità.

 

vostra sr. Nunziella

 

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