Questa meditazione della Madre viene approfondita per tutto il mese, negli incontri promossi dall'Istituto delle Suore del Bell'Amore e relativi Cenacoli, come anche altrove.
Meditazione proposta dalla Madre come Punto luce per i mesi di gennaio e febbraio 2014.
Il silenzio interiore
Tacere dentro
Non è possibile costruire una casa su un'altra casa, la stessa cosa succede per la nostra vita: non è possibile vivere un'esperienza nuova di Dio senza fare prima un vero silenzio interiore dentro di noi, senza, per così dire, demolire tutto ciò che non è Dio in noi.
Come fare?
In tutta la tradizione della Chiesa si è sempre valorizzato il silenzio. Perché? Di che genere di silenzio si tratta?
Immaginate una persona che, per esempio, tacitamente mediti un omicidio, non è certo questo il silenzio di cui parla il Cristianesimo. Allora di che silenzio si tratta?
Non consiste nello stare zitti, ma nel tacere dentro.
Poveri in spirito
Esiste nel Vangelo una beatitudine importantissima: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Gesù, in questa beatitudine del discorso della montagna, non parla dei poveri sociali, ma dei poveri in spirito.
Essere poveri in spirito non è per niente facile.
Il povero attaccato a quel poco che ha, è molto più ricco del ricco. Quindi non è tanto questione di avere di più o di meno: ognuno deve avere tanto quanto Dio vuole, a seconda della sua vocazione; il difficile è essere poveri in spirito, è solo di questi ultimi - e non di quelli che non hanno niente - il regno dei cieli!
I poveri in spirito sono coloro, che si sono svuotati di ogni preoccupazione, di ogni pensiero buono o cattivo, che ingombri la loro interiorità.
Davanti a Dio può fare ostacolo il positivo, come il negativo. A questo proposito, va ricordato che il nulla resiste a Dio meno di qualche cosa[1]. Qualche cosa può anche essere un'esperienza bella, positiva, il bene già fatto, la propria spiritualità...
Allora che cosa significa questo nulla che ha il potere di attirare Dio e di fare scoprire Dio?
è il silenzio interiore, il non ricorrere ai propri pensieri, anche santi; è la povertà di spirito.
Spesso fa molto più resistenza a Dio un pensiero buono, che uno cattivo, perché se siamo irreprensibili, perfetti, l'altro non può darci niente. Gesù dice: «Io non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17b). Se siamo già buoni, virtuosi, Gesù non ha niente da darci.
Ecco il primo paradosso: per riuscire a capire qualche cosa di Dio, è necessario non voler comprendere con la sola ragione; per riuscire ad avere il tutto, bisogna non avere nulla; per riuscire a intuire la luce, bisogna chiudere gli occhi della nostra intelligenza[2].
Puri di cuore
C'è un'altra beatitudine, che può farci approfondire il senso del silenzio interiore: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Non è detto: «Vedranno Dio perché muoiono», ciò significa che sarà loro dato di vederlo fin da questa terra. Allora, se diciamo che non sentiamo Dio, che non lo capiamo, il motivo è uno solo: non siamo puri di cuore; se lo fossimo, dovremmo vedere Dio.
Siamo invitati a fare un'opera di demolizione di tutto ciò che non è puro, facendo silenzio dentro di noi. Niente preoccupazioni, niente pensieri, niente desideri, niente passato...! Non interessa quello che abbiamo già fatto. Se fino a ieri siamo stati santi, oggi potremmo fare una sciocchezza madornale, che ci fa precipitare in un baratro. Se fino a ieri siamo stati gli ultimi della terra, oggi, convertendoci, potremmo raggiungere altezze spirituali, che forse un'altra persona, che per tanti anni ha vissuto per Dio, non toccherà mai. Il passato non conta se non a partire dal presente; conta questo momento di adesso.
Il silenzio dell'intelligenza, del cuore, della volontà
Possiamo vivere e capire quello che Dio vuole da noi adesso, solo se ci svuotiamo di tutto il resto.
Quindi, niente pensieri! Ecco il silenzio dell'intelligenza!
Niente affetti disordinati! Ecco il silenzio del cuore!
Non c'è bisogno di fare chissà quali atti impuri per non essere puri di cuore, per non riuscire a vedere Dio: basta che il cuore sia occupato da una persona nello stesso momento in cui, per esempio, stiamo incontrandone un'altra.
Niente progetti puramente personali! Ecco il silenzio della volontà. Dobbiamo volere quello che Dio vuole.
Francesco d'Assisi parla di altissima povertà[3] di mente, altissima povertà di cuore, altissima povertà di volontà. Ecco la condizione indispensabile per essere di Dio.
In un certo senso, si può dire che Dio raggiunge il non essere e non l'essere; Dio si avvicina a chi non è e non a chi è.
Uno spazio per Dio
È importante fare spazio a Dio, facendo il vuoto dentro di noi. Anche voi che mi leggete forse state accogliendo fino in fondo quanto vi scrivo, senza pensare ad altro. Se così fosse, state facendo silenzio dentro di voi. Se ce la faceste a restare tutta la vita come in questo momento, la vostra esperienza di Dio si aprirebbe a una perenne novità.
Considerate ogni momento presente come un luogo materiale, come un quadratino, nel quale ci sia spazio per una sola persona, in esso o mettete voi, il vostro io, o mettete Dio, insieme voi e Dio non entrate, perché il quadratino è troppo piccolo.
Decidere di rinnegare il proprio io per far spazio a Dio, questo è il silenzio interiore.
Il quadratino della morte sarà un attimo: il più importante, preparato dagli altri.
Vi è mai capitato di vedere un falegname riverniciare un mobile? In quest'ultimo spesso ci sono delle parti rovinate e delle altre in cui la vernice è rimasta in buone condizioni... Il falegname, con la carta vetrata, scartavetra tutto, perché diversamente la nuova mano di vernice verrebbe a chiazze.
Immaginiamo la nostra anima come le pareti di un mobile. Quante volte ci capita di avere l'impressione che Gesù, come un falegname, scartavetri pure quelle quattro cose buone che abbiamo fatto nella vita! Se vogliamo il Dio di oggi, se desideriamo aprirci ad una nuova dimensione del suo Amore, dobbiamo avere il coraggio di lasciarci azzerare, senza tentare di salvare qualcosa. Dio non fa opera di restauro, non fa il ritocco sul mobile, egli fa «nuove tutte le cose» (Ap 21,5), creandole dal nulla. Allora, o accettiamo ogni giorno di lasciarci rifare da zero, o ci preoccupiamo di custodire quelle parti del mobile, che ancora restano in buone condizioni, conservando il nostro io.
La vita con Dio consiste nello scartavetrare ogni giorno la parete della nostra anima, per rinnovare il colore: in tal modo diventiamo delle persone estremamente interessanti per gli altri, perché, per così dire, chi ci ha visti ieri colorati di rosso, ci incontra oggi colorati di verde, domani di azzurro, non ci si può annoiare con noi, perché Dio ci rinnova ogni momento.
Un silenzio amante
La vita diventa una novità perenne. Impariamo a fare la volontà di Dio, rinnegando la nostra. Il nostro cuore purificato dai suoi affetti si dilata sulle dimensioni di quello di Cristo. I nostri pensieri particolari o egoistici si dileguano, mentre il nostro spirito percepisce la bellezza e l'altezza del pensiero di Dio. Allora soltanto possiamo arrivare a dire con san Paolo: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).
Non è difficile per Cristo vivere in noi, difficile è per noi rinnegare noi stessi, perché egli possa assumerci.
Non dobbiamo dare suggerimenti a Dio, dobbiamo piuttosto saperci intelligentemente mettere da parte, per fargli spazio in noi.
In fondo questo silenzio amante è la vera vita. Tutto il resto, che a volte ci occupa e ci fa ricchi di noi stessi, è destinato inesorabilmente a crollare... Tutto ciò, che ci preoccupa, è destinato a passare: persone, situazioni, circostanze…
L'accoglienza dell'Amore
Che cosa non passa della nostra vita? Che cosa resta per sempre? Solo quanto abbiamo vissuto nell'Amore.
Per poter fare cose che non passano, è necessario che Dio le faccia in noi, solo lui può darci la capacità di amare davvero. Noi possiamo anche affezionarci a qualcuno, ma poi al minimo sgarbo che riceviamo ci sentiamo delusi, retrocediamo. Solo se nel quadratino, di cui abbiamo parlato, mettiamo Dio e non il nostro io, diventiamo capaci di scegliere l'Amore, che non passa... Solo se la parete della nostra anima è tutta scartavetrata, tabula rasa, Dio può scrivervi ciò che vuole. Solo se il nostro cuore è puro, vediamo Dio... Solo se siamo poveri in spirito, siamo già nel regno dei cieli fin da questa terra... Se accettiamo ogni momento di offrire a Dio il passato, in tutto ciò che ha di positivo e di negativo, in questo santo oblio, acquistiamo la capacità di scegliere il Dio dell'oggi, sempre nuovo...
Per camminare nella via dell'Amore spesso non solo fa ostacolo il ricordo dei nostri sbagli e fallimenti, ma anche quello di quei momenti di Dio, belli e significativi, che ci hanno colmati di gioia: insensibilmente finiamo col diventare ricchi delle cose di Dio e non di Dio, così facendo, amiamo le gioie, le consolazioni di Dio e non il Dio delle consolazioni.
Allora: silenzio completo, povertà, purezza! Ognuno scelga la parola, che più si adatta alla sua sensibilità, per disporsi a fare posto a Dio dentro di sé, perché Dio va solo dove trova spazio.
Lo Spirito Santo è molto delicato: se, per così dire, vogliamo precederlo, ci cede il passo... Se, invece, vogliamo seguire le sue indicazioni, andiamogli dietro docilmente. L'Amore esige la libertà dell'accoglienza.
Quello che conta è riuscire a fare questo silenzio interiore, come Maria, in lei, quasi vissuti da lei, che è l'ombra, su cui la luce di Dio risplende, il silenzio su cui la Parola risuona.
Vivere questa dimensione di accoglienza amante è imbattersi in Maria, fare di lei la nostra via. Nessuno ha saputo come lei vivere il silenzio completo di sé, per fare spazio alla grande rivelazione di Dio-Trinità.
[1] Cfr. San Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo, libro 1, cap. 6,4.
[2] Cfr. San Giovanni della Croce, o. c., libro 1, cap. 13,11.
[3]Regola Bollata, Fonti Francescane, n. 90.