Carissime e carissimi tutti,
siamo giunti a trattare un aspetto concreto dell’amore che potrebbe non essere considerato retaggio di tutti, dai più poveri ai più ricchi. È invece, a mio avviso, una dimensione importante della nostra vita cristiana, se vogliamo maturare nella nostra fede e nel nostro impegno professionale e lavorativo, mettendolo a servizio dell’amore. Sarà importante per fare questo valutare lo stretto rapporto che la formazione e lo studio hanno con la sapienza che viene da Dio.
Assetata di verità, ho fin da giovane studiato filosofia per ricercare quel che è possibile esplorare sul mistero di Dio e della persona umana, più tardi ho sperimentato una luce interiore che mi ha illuminata e guidata sul cammino della sapienza e ho constatato con chiarezza che nel pensiero umano posso incontrare cose vere, ma non la Verità che è Dio stesso, questo incontro è dono di grazia che ordina la vita.
Nella comunione vissuta con coloro che Dio mi ha dato ho poi fatto l’esperienza della presenza di Gesù, sapienza viva e operante nella comunità unita nel suo nome.
Il Verbo incarnato è, come dice san Paolo, «sapienza di Dio» (1Cor 1,24), Cristo crocifisso e abbandonato è la rivelazione del mistero trinitario, è la Sapienza stessa.
Non c’è, allora, conoscenza umana che non debba essere informata dalla sapienza che viene da Dio, se non vuole dissolversi in vana erudizione.
La ricerca della vera sapienza coincide col vivere in profonda comunione con gli altri, con la Chiesa tutta, con l’umanità intera, sapendo amare fino a donarsi interamente come Gesù crocifisso, che nel suo abbandono, ha fatto persino l’esperienza di perdere Dio, per renderci partecipi della vita divina, per farci figli di Dio.
Alla luce di quanto ho detto, possiamo comprendere l’importanza dello studio, di qualunque forma di apprendimento del sapere umano, se ordinato a condurci alla sapienza, a una sempre più profonda conoscenza di Dio, a un amore sempre più maturo nei riguardi di Dio e degli altri. Questo non vale soltanto per gli studi catechetici e teologici, ma anche per tutte le altre discipline, perché ogni campo del sapere umano contiene e riflette la bellezza del mistero di Dio e della creazione tutta intera.
Teologia, medicina, letteratura, scienze, arte, informatica… tutto serve a comprendere meglio la realtà in cui viviamo e l’eterno principio, da cui tutto proviene: Dio stesso. Una conoscenza umana più profonda ci rende più capaci di vivere in relazione con Dio, con noi stessi, con gli altri, col creato.
Non mi riferisco soltanto all’uno o l’altro studio specifico per conseguire dei titoli e prepararsi a svolgere una professione, ma anche allo studio inteso come dimensione della vita cristiana, a cui dedicare costantemente del tempo, nelle varie fasi della nostra esistenza, per approfondire la conoscenza di Dio e amarlo di più, per approfondire la comprensione della persona umana in tutti i suoi aspetti e della creazione in tutte le sue componenti, per amare di più il nostro prossimo e custodire responsabilmente il creato, nostra casa comune.
Potremmo dire che la comunione con Dio ci spinge anche a studiare e lo studio ci porta alla comunione con Dio, «chi non ama non ha conosciuto Dio» (1Gv 4,8).
Anche i teologi, se non amano Dio, non lo conoscono. Lo studio fatto per se stessi, non informato dalla Sapienza, può allontanare da Dio e dagli altri.
È, inoltre, molto utile per chi ne ha la possibilità, confrontare con altri, che abbiano il suo stesso amore per la verità, le nozioni apprese attraverso lo studio, per cogliere in ogni apprendimento la linea d’oro della sapienza che è sottesa a tutto il sapere umano.
Gesù fra noi presente nella comunione vissuta è la Sapienza stessa, facciamo in modo di accoglierla in noi con fedeltà e amore, anche lo studio farà allora da supporto a quanto sperimentiamo o intuiamo nel vissuto quotidiano.
L’amore a Gesù e, in modo particolare, a Gesù crocifisso e abbandonato è, allora, per noi fonte di sapienza.
Tale sapienza deve informare la nostra vita e il nostro pensare, la cui caratteristica principale dovrebbe essere la dimensione comunionale, la capacità cioè di pensare insieme, di dialogare, di mettere in relazione le varie discipline del sapere. L’amore scambievole, l’unità in Cristo è il fondamento e il contenuto della vera sapienza che abbraccia tutti i campi del sapere umano; dobbiamo saper dialogare insieme per giungere a un unico pensiero su ogni cosa, pur con la ricchezza delle varie sfaccettature che ognuno apporta; in tal modo, come dice san Paolo giungiamo ad avere «il pensiero di Cristo» (1Cor 2,16) su ogni cosa.
In quest’ottica lo studio è la strada e lo strumento per giungere a scoprire la sapienza in ogni ambito della realtà.
Ricordo che, in un periodo particolare della mia vita, dopo aver studiato per anni filosofia, mi sono ritrovata, non senza il concorso di una grazia, a sperimentare una sorta di luce interiore che illuminava in modo nuovo quanto avevo appreso sui libri in tanti anni di studio. Ho, allora, visto, con sguardo rinnovato, le stesse cose che prima avevo studiato; potrei dire che in tal modo il sapere ha fatto da sostegno alla sapienza.
È questo il significato di qualunque studio, che non sia pura cultura o erudizione.
Noi dobbiamo studiare, così come dobbiamo fare qualunque altra cosa, per fare cioè la volontà di Dio, senza attaccamenti particolari neanche allo studio, perché in tutti e attraverso tutto è solo l’amore che dobbiamo cercare, è solo l’amore che ci realizza come persone e come cristiani; lo studio, tutt’al più, ci serve per maturare e far crescere questo amore.
È ovvio che per un cristiano sia indispensabile avere prima di tutto una adeguata istruzione catechetica per poi passare, secondo le possibilità di ciascuno, a un eventuale approfondimento teologico della fede; per tutti è poi importante la formazione umana e professionale per intraprendere e portare avanti il proprio lavoro. Anche gli studi professionali, però, non devono allontanarci dalla vera sapienza, che è sempre a servizio dell’amore e non è mai prurito di sapere per affermare noi stessi.
Anche il sapersi aggiornare nel proprio campo specifico per svolgere meglio il proprio lavoro deve essere fatto con spirito evangelico senza carrierismo o vana gloria.
Quelli che sono poi chiamati, per vocazione o per ministero, a svolgere particolari servizi nella Chiesa potranno trovarsi a studiare teologia per sostenere meglio la loro vita d’impegno cristiano; sarà anche importante non trascurare gli insegnamenti del Magistero.
Se mi è permesso concludere con un’esperienza personale, voglio qui menzionare l’importanza dei libri e della lettura, mai del tutto sostituibile dai mezzi di comunicazione sociale, a questo scopo ho, personalmente, dato l’avvio nella Casa Madre delle Suore del Bell’Amore a una biblioteca, che va, gradualmente, crescendo e arricchendosi di vari contributi. Nella storia della Chiesa sono stati i monaci a custodire, a volte, la storia e la cultura con le loro splendide biblioteche.
A conclusione, mi sembra importante comprendere che la formazione e lo studio non dovrebbero essere retaggio di pochi, ma una dimensione della vita che tutti ci coinvolge, dallo spazzino al deputato, dal laico al sacerdote, dalla casalinga alla religiosa. Ognuno deve prodigarsi per fare sempre meglio quello che fa: il cuoco imparerà sempre meglio ciò che riguarda la cucina e le pietanze, l’insegnante approfondirà una sana pedagogia, il medico si aggiornerà sui progressi della medicina, il contadino si informerà sui nuovi ritrovati dell’agricoltura atti a coltivare meglio la terra, l’economista esplorerà i nuovi sistemi bancari; ma tutti, indistintamente, secondo le loro possibilità e competenze, non cesseranno di approfondire la conoscenza dei contenuti della loro fede e del mistero di Dio, mettendo la propria scienza umana a servizio dell’amore e della vera sapienza.
sr. Nunziella