Carissime e carissimi tutti,
vengo a voi per riprendere il nostro cammino sulla via dell’Amore, puntando decisamente sulla misericordia reciproca per rendere salda la nostra comunione e la nostra unità. Solo l’amore di misericordia, infatti, può farci capaci di comprendere e perdonare le nostre reciproche fragilità per camminare speditamente sulla strada della santità.
Se due o più persone si uniscono nel nome di Gesù, amandosi reciprocamente fino al punto di essere disposte a dare la vita anche nelle piccole evenienze della quotidianità, in tal caso Gesù è in mezzo a loro; esse diventano cioè una cellula del Corpo mistico portatrice di una speciale presenza del Risorto. Gesù fra noi nella comunità unita nel suo nome è, infatti, fonte di luce e di gioia, la vita, con lui in mezzo a noi, è dinamica, nel senso che non è statica e risente della nostra corrispondenza alla grazia. Se l’uno e l’altra di noi anche per un momento non ama, esce fuori dal circuito della reciproca unità, in tal caso, la presenza operativa di Gesù in mezzo a noi può restare per la fedeltà degli altri membri della comunità; se poi è il gruppo che ha delle tensioni, anche se le persone possono essere in grazia di Dio, anche se non si trattasse di gravi disunità, tuttavia la pienezza di gioia propria di Gesù fra noi verrebbe meno. Perché non ci sia più tale unità in Cristo Signore, non è necessario che succeda chissà che cosa; perché si spezzi l’unità basta non “fare unità”, esprimere per esempio con forza il proprio punto di vista; la forma fa parte del contenuto, spesso un’idea diversa espressa senza garbo e senza il dovuto distacco, anche se giusta, non costruisce il rapporto con gli altri e non è neanche capita.
Se l’unità si è spezzata, se dopo avere sperimentato la bellezza della pienezza di Gesù fra noi siamo usciti fuori da queta vita con lui, non ci è concesso di trovare un’altra strada per andare avanti, siamo come coloro che hanno smarrito il sentiero che conoscevano e si perdono nella boscaglia; sanno, però, che quella non è la strada, perché ormai la luce dell’unità in Cristo li ha folgorati e annaspano nel buio cercando quella presenza di Gesù già sperimentata nella comunione vissuta, ma non possono ritrovarla se non ritornano ad amare.
Se vogliamo tornare a vivere con Gesù fra noi, dobbiamo ricomporre l’unità attraverso l’esercizio della misericordia reciproca.
Per alimentare la presenza di Gesù in mezzo a noi e mantenerla viva e duratura, è indispensabile sapersi perdonare a vicenda e ricominciare sempre dopo ogni caduta; per far questo ho sperimentato personalmente l’efficacia di legarci reciprocamente con un patto di misericordia.
Anche i santi non sono coloro che non sbagliano mai, ma coloro che sanno ricominciare. Vivere la misericordia verso l’altro che ha sbagliato e verso se stessi significa saperci vedere sempre nuovi.
La misericordia più difficile è, a volte, quella verso se stessi.
C’è probabilmente un certo rapporto tra la misericordia e l’umiltà: chi è umile è misericordioso.
L’umiltà ci rende misericordiosi verso noi stessi. Essere umili significa, in fondo, essere intelligenti, avere la coscienza di ciò che siamo, è sapere chi siamo davanti a Dio: egli è tutto e noi siamo nulla, egli è il Creatore e noi siamo creature; quello che abbiamo non ci appartiene, non ce l’avremmo se egli non ce lo avesse dato. Intelligenza, attitudini, capacità, salute, tutto è dono di Dio, non è una nostra proprietà; solo i nostri peccati sono nostri, ma possiamo offrirli a Dio affidandoci alla sua misericordia; egli, infatti, ci ama così come siamo, anche con i nostri limiti e le nostre fragilità.
Ogni giorno Dio ci raggiunge nella nostra piccolezza con la sua misericordia, rimettendo a noi i nostri debiti così come noi dobbiamo rimetterli ai nostri debitori. Siamo chiamati ad avere verso gli altri quella misericordia che Dio per primo ha verso di noi.
Se abbiamo sperimentato la misericordia nel rapporto con Dio ci sarà più facile esercitarla con gli altri nella reciproca carità. Dobbiamo amare gli altri con lo stesso amore con cui Dio ama noi. Se per le nostre colpe si spezza il vaso della nostra vita, Dio non incolla i cocci, ma fa un vaso nuovo: «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20b); «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve […]» (Is 1,18).
Dio ci ricrea e là dove sovrabbonda la sua grazia tutto è nuovo e più bello di prima, la stessa dimensione di amore siamo chiamati a viverla noi col patto della misericordia reciproca. Se gli altri sbagliano verso di noi, dobbiamo saperli perdonare e vederli nuovi, senza ricordare le offese subite, riaprendoci alla fiducia, come se facessimo di nuovo la loro conoscenza, quasi non li avessimo mai conosciuti. Tutto può cambiare, non dobbiamo mai dire che non c’è niente da fare, che l’altro è così e non sarà mai diverso. Non sappiamo come Dio con la sua grazia può sempre agire nei cuori dei suoi figli e figlie.
Leghiamoci, allora, per sempre col patto di misericordia e per aiutarci a fare questo cammino di riconciliazione con noi stessi e con gli altri, proviamo, ogni sera, andando a letto, a seppellire, per così dire, la nostra vita di prima coi suoi successi e i suoi fallimenti e alziamoci, ogni mattina, guardando noi e gli altri con occhi nuovi. Tutto può ricominciare meglio di prima. Anche il positivo di ieri non deve legarci, perché Dio può fare oggi qualcosa di più bello e di più grande. Ancor meno il negativo di ieri deve bloccarci perché Dio sa scrivere dritto sulle righe storte e tutto concorre al bene per coloro che credono in lui e sono stati chiamati secondo il suo disegno (cfr. Rm 8,28).
Il patto di misericordia va rinnovato in ogni momento, sapendo trarre profitto anche dalle nostre cadute.
I santi sono dei peccatori che hanno creduto nell’amore di Dio.
Instauriamo, allora, tra noi, un clima di misericordia reciproca, perché uno sguardo sempre rinnovato su ciascuno impedica qualunque incrinatura della comunione.
Per ricomporre l’unità, impariamo a chiederci esplicitamente scusa con semplicità e trasparenza.
La comunione fra noi è più sicura se poggia su un patto di misericordia fondato sul perdono vicendevole. Solo così la fede nell’Amore ci fa capaci di dare la vita gli uni per gli altri nelle varie vicende di ogni giorno, non contando sulla nostra fragilità umana, ma su Gesù, che ci fa uno in lui. In tal modo, l’amore reciproco diventa testimonianza viva della presenza del Risorto, che vive e opera fra noi, attirando tutti e tutto a sé.
Restiamo uniti in Gesù fra noi,
sr. Nunziella