Marzo 2022
Carissime e carissimi tutti,
davanti alle varie vicende della nostra vita, alle tensioni della vita sociale e ai mali che affliggono il mondo spesso in modo tragico e angosciante potremmo arrestarci nel cammino della santità e chiuderci in noi stessi, difendendo le nostre sicurezze e il nostro io, sopraffatti dalle nostre paure. Non è questa la strada da percorrere se vogliamo camminare nella luce e non nelle tenebre. Quel che conta non è lasciarci prendere dalle analisi negative di ciò che accade, ma fare il vuoto dentro di noi per amare con totalità, nell'attimo presente, il fratello o la sorella che ci sta innanzi, per compiere con pienezza la volontà di Dio, rinnegando la nostra.
È la strada evangelica del rinnegamento di sé indicataci da Gesù l'unica che può condurci nella via dell'Amore.
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23). Queste parole di Gesù spiegano la radicalità della sequela che i suoi discepoli sono chiamati a vivere: il totale rinnegamento di sé come condizione e conseguenza di un'autentica donazione a Dio e agli altri. Dobbiamo saperci fare interiormente vuoti di tutto ciò che ci impedisce di vivere la comunione con Dio e con gli altri, vuoti del nostro io. Siamo chiamati, innanzitutto, a posporre ogni cosa all'amore per Dio, solo così saremo capaci di amare anche gli altri, come Gesù vuole.
Il rapporto con Dio e fra coloro che sono chiamati a formare la comunità unita nel nome di Gesù esige il dono totale di sé che porta a distaccarsi da ogni attaccamento disordinato a persone e cose. Tale distacco è richiesto a tutti i cristiani indistintamente.
Se non siamo capaci di distaccarci da tutto, anche dalla nostra presunta santità personale, dalla nostra volontà, per fare la volontà di Dio non possiamo essere autentici discepoli.
Se amiamo padre, madre, figli, moglie, campi più di Dio, non possiamo camminare alla sequela di Gesù, come egli stesso ci insegna: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26).
Niente deve occupare o ingombrare il nostro mondo interiore. San Giovanni della croce spiega come un piccolo attaccamento abituale "quantunque non sia materia di peccato mortale, è sufficiente per far diventare l'anima tanto schiava, sudicia e brutta che in nessun modo, finché l'appetito non sia purificato, essa può unirsi con Dio"[1]. Si può trattare dell'affetto per una persona cara, dell'attaccamento a un vestito, a un determinato genere di cibi, di conversazioni, di conoscenze, ecc. Queste imperfezioni, se diventano delle abitudini, sono più pericolose di altre cadute, esse anche se sono di lieve entità legano l'anima a tal punto che non solo non la fanno avanzare nel cammino della santità, ma la fanno retrocedere, facendole perdere ciò che in tanto tempo e con tanta fatica aveva guadagnato[2].
In epoca più recente, nell'ottica della Chiesa della comunione, Chiara Lubich invita a vivere il rinnegamento di sé, non solo liberandosi da ogni attaccamento per le persone e le cose create, ma anche per Dio stesso, guardando a Gesù crocifisso e abbandonato, che si è donato tutto a noi fino a perdere Dio per Dio, facendosi "nulla" per amore. Sulla stessa scia, anche noi vogliamo vivere la comunione con Dio e con gli altri, facendoci interiormente vuoti di tutto, anche di ciò che ci sembra un'ispirazione o un'esperienza di Dio, per donarci interamente, nel presente, a Dio, nel compimento della sua volontà e al nostro prossimo nell'amore scambievole. Solo così, attraverso questo perfetto rinnegamento del nostro io, l'unità con Dio e tra noi sarà possibile.
In questa prospettiva la rinunzia acquista una valenza positiva, siamo centrati sulla comunione, sul dono totale di noi a Dio e agli altri, senza guardare tanto a quello che perdiamo; la rinunzia, il vuoto interiore è piuttosto la conseguenza dell'amore che ci fa uno con Dio e fra noi. Più ci doniamo, più ci svuotiamo del nostro io. In tal modo ci facciamo santi, camminando insieme, per vivere fra noi la comunione trinitaria. Come il Padre è tutto nel Figlio e non è per sé, così il Figlio è tutto dono per il Padre e non è per sé, così lo Spirito Santo è dono per il Padre e il Figlio. La perfetta pericoresi delle Persone divine è una dinamica di unità e distinzione dove il dono totale e reciproco presuppone la perfetta Kenosi dell'amore delle Persone della Trinità, che mirabilmente Gesù abbandonato esprime sulla croce nel mistero della sua passione, dove si fa redenzione attraverso il suo svuotamento totale per darsi a noi, così come nella Trinità si dona al Padre, lì in una Kenosi, per così dire, gioiosa, qui in una kenosi dolorosa e attraversata dall'esperienza dell'abbandono.
Anche noi siamo chiamati a guardare a Gesù crocifisso e abbandonato per vivere il "nulla di noi", il rinnegamento di noi stessi fino a saper perdere Dio per Dio, come Maria che, ai piedi della croce, ha perso Gesù, ha fatto il sacrificio del Figlio Dio per fare la volontà di Dio, accettando di diventare nostra Madre, accogliendo tutti in Giovanni, al posto del Figlio.
Il "nulla" di san Giovanni della croce da lui inteso come totale spogliamento di sé da qualunque attaccamento o passione per giungere all'unione con Dio, nell'ottica della Chiesa della comunione diventa così il nulla di sé, il vuoto interiore vissuto in comunione con Gesù crocifisso per giungere all'unità con Dio e fra noi. Nella sua passione d'amore Gesù abbandonato non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cfr. Fil 2,6-7), in tal modo è diventato per noi il varco alla Trinità.
Dobbiamo accogliere Gesù in noi sul nulla di noi per poter giungere a dire: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20), solo così potremo veramente amare Dio e gli altri, solo così giungeremo a farci uno col fratello o con la sorella che incontriamo, condividendo le sue pene e le sue gioie., vivendo negli altri e per gli altri, donandoci a loro nel perfetto rinnegamento di noi stessi. È la strada per seguire Gesù facendo come lui e con lui la volontà di Dio, amando Cristo vivo e presente in ogni prossimo, fino a giungere a vivere il comandamento nuovo che ci fa una cosa sola in lui.
Il rinnegamento di sé richiede di saper perdere la propria vita per salvarla come dice Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35).
È la logica del Vangelo, è la morte d'amore per la Vita. Non è il perdere per il perdere, una religione del perdere non ha nessuna attrattiva, è piuttosto trovare la pienezza del rapporto con Dio e col prossimo attraverso il dono totale di noi stessi che ci svuota del nostro io.
Non guardiamo tanto a ciò che dobbiamo perdere, ma a ciò che dobbiamo donare e accogliere in noi; lasciamo entrare nella nostra vita Dio e gli altri, per arricchirci del loro dono. Siamo stati creati da Dio per essere reciproco dono gli uni per gli altri, l'amore ci mette in donazione e opera il rinnegamento del nostro io.
Chi ama non vive per se stesso ma per Dio e per gli altri, non fa la sua volontà ma quella di Dio e, in tal modo, vive costantemente il vuoto di sé per accogliere in sé la pienezza dell'Amore.
Dio sia tutto per noi, viviamo di lui, per lui e non per noi stessi, in tal modo vivremo di conseguenza il nulla di noi, ma non un nulla negativo, ma un nulla d'amore come Gesù crocifisso e abbandonato che è giunto a sperimentare nell'abbandono la perdita di Dio stesso per donarlo a noi.
È questa la strada del rinnegamento di sé che nella via dell'Amore ci porta alla pienezza, attraverso lo svuotamento interiore di tutto ciò che in noi non è Dio e anche da Dio stesso, così come possiamo averlo sperimentato, per aprirci continuamente ai nuovi cieli dell'Amore, a cui egli vuole condurci, come Maria che, sotto la croce, ha perso il Figlio di Dio, l'ha offerto e donato, ed è diventata la Madre di tutto Cristo: Capo e corpo, la Madre della Chiesa.
sr. Nunziella
SLOGAN: Vivere la pienezza dell'Amore nel vuoto di sé.
[1] San Giovanni della croce, Salita del Monte Carmelo I, 9,3, in Opere, Postulazione Generale dei carmelitani Scalzi, Roma 1979, p. 44.
[2] Cfr. Ibidem, p.51-52.