Carissime e carissimi tutti,

come ogni anno tornano l’Avvento e il Natale, tempi liturgici che ci concentrano sul mistero del Verbo incarnato.

Siamo chiamati a rimettere a fuoco la nostra vocazione cristiana e il nostro speciale rapporto con Maria, la Vergine Madre, in lei e con lei possiamo inoltrarci nei sentieri dello Spirito per ascoltare le ineffabili armonie dell’Amore, che è Dio, e si rivela a noi attraverso un bambino appena nato «Ci è stato dato un figlio» (Is 9,5).

 

I tempi liturgici dell’Avvento e del Natale ci rimettono ogni anno nella contemplazione del mistero del Verbo incarnato nel suo mirabile incanto.

Ci commuove vedere Gesù piccolo sotto i nostri occhi, sostenuto dalle braccia di Maria, da cui ha preso la nostra natura umana.

Il mistero continua nel tempo, anche oggi, il Verbo continua a incarnarsi in noi sue membra, unite a Maria, sua Madre, fino a diventare in lei e con lei “unica Madre” di Cristo in noi e fra noi.

Il Verbo si fa carne in noi fatti sua dimora se lo amiamo, fra noi se ci amiamo reciprocamente in lui.

Il Verbo si è fatto carne a Betlemme, a Nazareth, e abbiamo visto fra noi un uomo, dal cuore palpitante d’amore. Quest’uomo è la Parola che si è manifestata a noi fino all’abbandono della croce e all’alleluia della risurrezione.

La seconda Persona della Trinità, la Sapienza eterna si è racchiusa nel corpicciolo di un bambino appena nato e ha raggiunto il suo “misterioso splendore” nel corpo esanime del Crocifisso.

Il Verbo si fa carne, ancora oggi, in noi, membra della sua Chiesa in intima comunione con Maria.

In noi Gesù continua a vivere, in ogni tempo, rinnovando la sua passione.

Maria e la Chiesa, Maria e noi, noi con la Madre, noi nella Madre siamo un solo mistero d’amore in Cristo Signore che ci porta in sé fino alla gloria della Vita senza fine.

La nostra vocazione cristiana è essenzialmente “mariana”, siamo tutti chiamati a lasciarci, per così dire, “vivere” da Maria per continuare a generare Cristo in noi e fra noi; solo in lei presente in noi, solo sul suo silenzio, la Parola fatta carne torna a parlare. Vivere in comunione con Maria ci fa capaci di amare Gesù col cuore della Madre, diventiamo capaci di riconoscere la presenza di Cristo in ogni fratello e in ogni sorella che incontriamo, in ogni persona che ci viene affidata, diventiamo capaci di vivere un amore materno verso tutti, a cominciare dai più deboli e fragili.

Solo così, nel nostro mondo, schiantato da tanti mali, può instaurarsi la pace, solo così può regnare la gioia, solo così anche il dolore e la morte diventano varco alla Vita che non muore.

Se amiamo Maria, insieme con lei, quasi sua mistica presenza qui in terra, possiamo scoprire la bellezza dell’infanzia spirituale e, parole nella Parola, possiamo vivere fra noi la comunione trinitaria che il Verbo incarnato viene a parteciparci.

Il volto di Maria con la sua ineffabile dolcezza ci svela la tenerezza “increata” dello Spirito consolatore, che invade e vivifica i nostri cuori.

L’Amore increato, lo Spirito Santo, soave come una madre, ci conduce sulla via della santità, unisce i nostri cuori in Cristo portandoci all’unità. Se siamo così uniti, Maria opera fra noi e lo Spirito ci fa una cosa sola in Gesù, per la gloria del Padre.

Non ci resta che amare Gesù col cuore della Madre, in comunione con lo Spirito consolatore, e sarà per noi Natale ogni giorno, ogni momento.

Essere cristiani significa essere “mariani”, lasciare che Maria prenda posto nella nostra vita interiore fino al punto di lasciarci quasi vivere da lei. La grandezza di Maria sta nella sua umiltà, nel suo scomparire, nel suo silenzio nel quale Gesù, la Parola fatta carne, può parlare liberamente.

In tutta la vicenda di Gesù di Nazareth, Maria è costantemente presente accanto a lui dalla nascita al Calvario, ma è il Figlio che viene in rilievo, quasi non ci accorgiamo di lei nel suo scomparire. Anche noi se ci svuotiamo del nostro io perché sia Gesù a parlare o ad agire in noi e attraverso noi ci sintonizziamo sull’esperienza di Maria. Se poi ci amiamo scambievolmente, rinnegando noi stessi per fare spazio a Gesù fra noi, “riviviamo”, per così dire, Maria tutti insieme, Gesù nasce fra noi.

Se facciamo il vuoto dentro di noi per amare Gesù presente in noi, negli altri, fra noi, riviviamo Maria, siamo lei per partecipazione.

Nella via dell’infanzia spirituale Maria ci condurrà da piccoli nel cammino della santità e l’incarnazione del Verbo continuerà sul nulla di noi, in noi uniti alla Madre nello stesso amore verso l’Unigenito.

Davanti alla bellezza del mistero del Verbo incarnato mi viene infine più facile ricorrere al linguaggio poetico nel tentativo di esprimere l’inesprimibile attraverso la poesia.

 

E il Verbo si è fatto carne

 

La Parola si è fatta carne

vibra nel cuore di un uomo

che palpita d’amore,

che scoppia in lacrime

davanti alla morte di Lazzaro,

che sorride e che spera,

che fatica e che ama,

nelle distese della Palestina.

La Parola si fa uomo.

 

La Sapienza eterna

è racchiusa nel corpicciolo

di un bimbo appena nato,

disteso in una mangiatoia.

La sapienza risplende

nel corpo esanime

di un crocifisso

abbandonato sulla croce

di tutti i secoli.

 

L’Amore ha incontrato il dolore,

la Vita e la morte

si sono incontrate

in un prodigioso duello.

Ha vinto la Vita.

Ha vinto l’Amore.

Il cuore di carne di Dio

si dà a noi gementi

nella valle di lacrime

di questa terra di esilio.

 

Il Verbo si è fatto uomo,

prendendo la carne da Maria;

ha reso immacolata sua Madre,

primizia della nuova creazione.

Il Verbo si fa carne

in ogni tempo

in noi, sua Chiesa,

sue membra viventi

in intima comunione con Maria.

 

Chi fa la volontà del Padre

è per Cristo

fratello, sorella e madre;

quasi unica Madre,

insieme, con e in Maria,

nuova concezione immacolata

attraverso la purificazione e la santificazione del tempo…

La Vergina e la Chiesa,

lei e noi,

unica Madre

del Verbo che si è fatto carne

e continua a farsi carne

nel tempo.

 

In noi oggi

la Parola parla ancora.

In noi oggi

il Crocifisso geme ancora

continuando la sua passione.

In noi oggi

la Vita torna a vincere la morte

e la gioia del Risorto

risplende nelle sue membra.

 

Maria e la Chiesa,

un solo mistero d’Amore.

Maria e noi,

noi con la Madre,

noi nella Madre…

E il Verbo si fa carne

in Maria…

 

 

 

  1. Nunziella

 

Carissime e carissimi tutti,

se percorriamo insieme la via dell’Amore ci accorgeremo ben presto che esso si esprime negli innumerevoli aspetti del vivere umano, essi sono manifestazioni diverse dello stesso amore evangelico.

La vita cristiana, infatti, non deve relegarci in una religiosità avulsa dalla realtà, ma portarci a vivere il nostro cammino di fede in un inserimento ecclesiale e sociale più efficace e fattivo, dando il nostro contributo all’estensione e al consolidamento della chiesa-comunione, in vista di chiamare, tramite lei, l’umanità di oggi e di domani a sperimentare la vita trinitaria, di cui Gesù ci ha resi partecipi incarnandosi e morendo in croce per noi.

L’Amore, dunque, nei suoi molteplici aspetti della vita umana, può manifestarsi in modi diversi, ma è sempre lo stesso amore che si esprime, secondo la sua multiforme sapienza, nelle varie circostanze della nostra esistenza.

 

Se viviamo con impegno la nostra vita cristiana in comunione con altri non tarderemo a scoprire che quel che conta è amare Dio e il prossimo, l’Amore è il senso e il fondamento della nostra vocazione, esso deve incarnarsi ed esprimersi nei diversi aspetti della vita concreta, questi ultimi sono strettamente legati fra loro e conducono, per così dire, allo stesso risultato.

Come Gesù di Nazaret era sempre Gesù, sia che predicasse, sia che mangiasse, sia che pregasse…, ogni sua azione era una diversa manifestazione del suo amore, così anche noi, da cristiani, siamo chiamati a incarnare, nella nostra vita quotidiana, lo stesso amore evangelico nelle multiformi espressioni e nelle varie dimensioni degli aspetti concreti del vivere umano, essi sono strettamente collegati fra loro, nel senso che l’uno postula l’altro, se ne viviamo bene uno finiamo col vivere bene anche gli altri.

Progredire nella vita cristiana esige l’impegno a vivere bene ognuno di questi aspetti, sperimentarne uno solo influenza tutti gli altri, lo vedremo meglio se proviamo a fare una scorribanda di tali aspetti mettendoli in relazione con la vita di comunione, che il Vangelo della carità esige.

Lavorare con amore, per esempio, ci fa mettere la nostra competenza e professionalità a servizio di un autentico progresso sociale, così da rendere più umane le stesse strutture, trasformandole in presidio alla vera comunione. L’amore ci spinge a dare sempre nuove risposte nei nuovi campi del mondo del lavoro.

Lavorare, inoltre, significa guadagnare e, di conseguenza, avere la possibilità di gestire quello che possediamo secondo i criteri della giustizia evangelica. A tal proposito mi piace vedere nel Magnificat di Maria i fondamenti di una nuova economia e di una nuova politica basate sul Vangelo; come dice il cantico: “Dio deporrà i potenti dai troni ed esalterà gli umili, invierà a mani vuote i ricchi e colmerà di beni i poveri.” (cfr. Lc 1, 52-53). L’Amore farà uguali nel regno della pace.

Una nuova visione della politica e una nuova dimensione della vita sociale ispirate al Vangelo esigono, però, il nostro impegno nell’opera di evangelizzazione che non escluda nessuno fino a fare in modo che i più poveri diventino anch’essi protagonisti e operatori di pace nella grande famiglia dell’umanità per la quale Gesù ha dato la sua vita morendo in croce.

Non è, poi, possibile annunciare efficacemente l’Amore, che viene da Dio, se non andiamo in profondità nella comunione con Dio, se non alimentiamo continuamente la nostra vita di preghiera. Va anche detto che, se viviamo con intensità la relazione con gli altri, ne può guadagnare la nostra preghiera.

Come Gesù dobbiamo imparare a ritirarci in preghiera per ritrovare dentro di noi in Dio anche i fratelli e le sorelle di tutti i tempi. La piccola cella del nostro cuore è abitata da Dio uno e trino che la dilata sull’Infinito e sull’intera umanità.

La comunione con Dio è, dunque, il fondamento della comunione con gli altri, quest’ultima esige, inoltre, prima di tutto l’amore verso noi stessi interamente presi: corpo-anima. Non per niente «Ama il prossimo come te stesso» (Lv 19,18) è il secondo comandamento della legge antica. Amarsi significa anche accettarsi nella propria corporeità; il nostro corpo è destinato alla gloria, deve, perciò, entrare nell’esperienza della nostra vita cristiana, perché è tempio di Dio.

Da qui nasce la necessità di prenderci cura della nostra vita fisica e della nostra salute con tutti i mezzi umani disponibili a questo scopo, senza, però, dimenticare che la vita fisica è in funzione dell’altra Vita, quella eterna, destinata sia all’anima, sia al corpo. In questa prospettiva la salute e la malattia sono tappe diverse dell’unica via dell’Amore, che Dio ci domanda di percorrere nelle varie situazioni della nostra esistenza.

Se, poi, viviamo in comunione con Dio, con gli altri e col nostro corpo, cioè con noi stessi, non possiamo non vivere in comunione con l’ambiente che ci circonda, senza vandalismi, esprimendo un sincero amore per il creato nel curare la bellezza e l’armonia anche intorno a noi, là dove viviamo e operiamo: nella casa, nella scuola, nell’ufficio… ovunque.

Se il vestito portato con gusto e dignità esprime l’amore e il rispetto per il nostro corpo, la cura dell’ambiente rivela il nostro amore per il creato.

Per vivere e incarnare nel concreto della quotidianità quanto abbiamo detto è, però, necessario formarsi delle convinzioni mutuate da una cultura cristiana, frutto di uno studio guidato dall’amore. Non parlo dello studio fatto per conseguire titoli, ma dello studio - studium = amore -, cioè dello studio che è vera cultura e non prurito di sapere.

Penso che le persone colte siano, spesso, più propense ad aprirsi a Dio e al suo mistero; cultura e santità vanno d’accordo. La ricerca della Verità fatta, per esempio, attraverso la filosofia o la teologia, se fatta bene, ci porta a contemplare la bellezza di Dio-Trinità, comunione eterna, movimento e impeto, silenzio e pace.

La Trinità è comunicazione perenne; di tale vita trinitaria Gesù ci ha resi partecipi, morendo in croce per noi, da qui l’importanza della comunicazione fra noi delle nostre esperienze di Dio per diventare ciò che siamo familiari di Dio, un’unica famiglia, quella dei figli e delle figlie di Dio nel Figlio. Anche i mezzi di comunicazione sociale messi a servizio dell’amore servono a questo scopo agevolando la diffusione del messaggio evangelico nello spazio e nel tempo.

Percorrendo questa rapida scorribanda degli aspetti concreti dell’amore, vediamo come essi siano collegati tra loro, esprimendo in modi diversi lo stesso amore, che viene da Dio, e che tutti siamo chiamati a vivere nelle varie circostanze e nelle diverse situazioni della nostra vita.

Lavorare, evangelizzare, pregare, curarsi, vestirsi, arredare la casa, studiare, aggiornare, informare…sono i numerosi verbi che coniugano l’amore nella multiforme varietà delle sue manifestazioni, in fondo è lo stesso Gesù che in noi e fra noi lavora, prega, annuncia il Vangelo…

Questi vari aspetti dell’amore non sono solo delle espressioni diverse della nostra vita personale, ma anche di quella della Chiesa. Penso alla comunione dei beni e all’economia vissute evangelicamente dalle varie congregazioni e dai vari organismi ecclesiali della carità, vedo l’opera di evangelizzazione della Chiesa realizzata dagli innumerevoli missionari che hanno raggiunto fin da epoca remota i più lontani confini della terra. La preghiera mi fa dirigere lo sguardo sui diversi ordini contemplativi di tutti i tempi, la salute e la cura del corpo sui vari ordini ospedalieri e sulle molte strutture sanitarie. La cura del creato, la bellezza dell’arte cristiana, la ricerca e lo studio dirigono la mia attenzione alle numerose scuole ed opere di religiosi e religiose, alle università pontificie e ai vari organismi specifici, le comunicazioni sociali, invece, alle numerose opere editoriali e alle molteplici iniziative a servizio dell’informazione ecclesiale e sociale.

Anche nell’ambito della società solo un progetto di politica mutuato dal Vangelo potrà portare a incarnare l’amore cristiano negli innumerevoli aspetti della vita.

Le modalità di incarnazione di quest’amore nei vari ambiti del vivere sociale potranno essere diverse, ma perfettamente armonizzate perché ispirate dallo stesso spirito evangelico.

Se, dunque, vogliamo diventare operatori di pace e strumenti di comunione nella Chiesa e nella società dobbiamo imparare ad amare concretamente, sapendo che il nostro operare nei vari ambiti del vivere umano è semplicemente l’espressione e la manifestazione diversa dell’unico e multiforme amore, che viene da Dio e ci guida ogni momento se ci apriamo alla sua azione illuminante e risanante.

È sempre Gesù in noi e fra noi, se siamo uniti nel suo nome, che lavora, prega, incontra gli altri, guarisce, consola ecc., è la sua vita in noi che si manifesta in modi diversi, ma che è sempre la stessa identica vita.

Gesù deve prendere tutta la nostra esistenza, non possiamo incontrarlo in chiesa e dimenticarlo a casa, ricercarlo nella preghiera e abbandonarlo nel lavoro; egli è sempre in noi e vuole agire e operare attraverso di noi, non c’è un’azione più importante di un’altra, né un ambito della nostra vita personale e sociale più significativo di un altro.

Siamo, inoltre, chiamati a operare, ognuno secondo la propria vocazione, in tutti i campi del vivere umano: arte, scienza, politica, cultura, lavoro, economia..., solo così nascerà un nuovo umanesimo fondato su Cristo, l’Uomo-Dio.

 sr. Nunziella

Gli aspetti concreti dell'Amore. Scarica il pdf

 

 

 

 

SLOGAN:       Ama qui e adesso, concretamente.

Ascolta l'audio 

Carissime e carissimi tutti,

vorrei soffermarmi questa volta con voi sull'importanza di camminare insieme sulla via dell'Amore alimentando la reciproca comunione attraverso i mezzi di comunicazione sociale più rapidi ed efficaci.

Percorrendo una strada di santità comunitaria ci sentiamo, infatti, chiamati a essere una sola e medesima famiglia unita da vincoli superiori a quelli della famiglia naturale, così è l'unità in Cristo Signore che andiamo sperimentando.

Sentiamo, infatti, che pur essendo molti, siamo un sol corpo. L'aggiornamento vicendevole ci rende partecipi della vita di tutti e di ciascuno; le esperienze di vita raccontate e accolte con amore ci nutrono e spronano nella nostra crescita umana e spirituale.

 

Se ci impegniamo insieme ad altri in un cammino di vita cristiana amandoci scambievolmente, costituiremo ben presto una comunità illuminata dalla presenza di Gesù, che ha promesso di essere presente là dove due o più sono uniti nel suo nome (cfr. Mt 18,20). Comunicarsi a vicenda le esperienze vissute, le gioie, i dolori, le prove, servirà allora a crescere come corpo in unità fra noi. Sperimenteremo così la bellezza della comunione trinitaria, com'è possibile viverla quaggiù, «come in cielo così in terra» (Mt 6,10c). La vita della Trinità è, infatti, comunicazione perenne, dinamismo relazionale sempre in atto in un'eterna novità.

Come scrivo in un mio diario:

“Per me comunicare è parte integrante dell'Amore. Come ogni giorno ho bisogno di mangiare, di dormire… di nutrirmi dell'Eucarestia, così debbo anche quotidianamente vivere la comunione concreta con qualcuno, donando la mia esperienza di vita o attraverso un incontro, o una lettera, o una telefonata… La mia vita, la mia esperienza di Dio deve entrare in circolo nel Corpo mistico sia a livello dell'essere, sia della comunicazione verbale, perché non sono un puro spirito, ma una creatura umana. Nella Trinità tutto circola. Anche noi dobbiamo vivere “in Trinità”[1], costituendo ogni giorno delle “Trinità concrete”[2] con i fratelli e le sorelle che Dio ci dà, questi ultimi diventano così la porta d'entrata nel Corpo mistico totale. La comunione è la mia natura e la mia grazia”.[3]

L'unità con coloro con cui si condivide il cammino della vita si approfondisce, infatti, attraverso lo scambio delle notizie e delle esperienze di vita, in quest'ottica comunicare non è informare, ma edificare la comunione, utilizzando per questo anche tutti i mezzi di comunicazione sociale a servizio dell'amore.

Ascoltare le esperienze degli altri per imparare da ciascuno ci fa camminare insieme sulla via della santità, diventando sempre più un cuor solo e un'anima sola. Ovunque siamo, vicini o lontani, dobbiamo sentirci una cosa sola fra noi, per questo le notizie devono circolare con rapidità perché tutti partecipino della vita di tutti.

La corrispondenza di vario tipo e le varie testimonianze di vita alimentano le relazioni fra noi. Tale aggiornamento reciproco è, certamente, uno dei mezzi più importanti per custodire ed alimentare l'unità fra noi; tutto deve essere comunicato e tutti debbono essere resi partecipi. Per aggiornamento intendo proprio la comunicazione delle esperienze e delle notizie all'interno della comunità unita nel nome di Gesù.

Conoscere fatti concreti e avvenimenti, scrivere e informare di quanto si è vissuto ci permette inoltre di metterci fin da ora in comunione con quelli che verranno dopo di noi attraverso scritti che diventeranno storia. Anche gli archivi sono un mezzo di comunicazione fra il passato e il futuro.

La circolazione delle esperienze vissute ci sprona e ci cementa fra noi, mettendoci in comunione anche con coloro che nasceranno e che potranno trarre giovamento dalle nostre testimonianze di vita. A questo scopo sarà utile utilizzare i più moderni mezzi di comunicazione.

È ovvio che aggiornare del nostro vissuto chi non ascolta con interesse e amore è un'imprudenza. Si può comunicare tutto solo all'interno di autentici rapporti di comunione, diversamente si deve salvaguardare la discrezione, tenendo il riserbo su ciò che è bene non far conoscere.

Tutto deve circolare senza, però, dare mai le perle ai cani come dice il Vangelo      (cfr. Mt 7,6).

Nell'aggiornamento è anche importante essere sintetici, senza perdersi in inutili particolari, cercando di discernere le notizie più importanti da evidenziare.

In ogni caso solo donando agli altri la propria vita spirituale si resta fecondi e aperti all'Amore.

L'amore reciproco ci porta a rendere gli altri partecipi della nostra vita personale, delle nostre sofferenze, delle lotte, delle prove superate, delle fatiche, del lavoro, delle nostre esperienze interiori. La comunicazione è reciproca: è l'incontro del dare e del ricevere.

Lettere, giornali, telefonate, computer sono tutti mezzi da usare per alimentare la vita di Dio fra noi. Se gli apostoli e i primi cristiani non avessero scritto tante lettere, non ci avrebbero tramandato la loro fede e non conosceremmo oggi le nostre radici. Anche noi oggi, come allora, siamo chiamati a vivere la mutua e continua carità (cfr. Fil 2,2) che ci fa essere un cuor solo e un'anima sola (cfr. At 4,32).

Dobbiamo imparare a condividere fra noi le gioie, i dolori, le notizie belle e brutte, le prove e le conquiste, in tal modo l'esempio degli altri ci sprona e ci incoraggia, l'unità sarà così la grazia che ci sosterrà nel cammino della vita e ci farà sentire, anche se molti, «un solo corpo» (Rom 12,15).

A conclusione, giungono a proposito le parole di un mio canto.

 

Comunicare per solo amore,

non è informare

è camminare insieme, in Dio,

come famiglia del Bell'Amore.

 Fax, telefono, social network

son solo mezzi di comunione

se il messaggio del Bell'Amore

a tutti sempre vogliam portare.

 Tutti un solo corpo farà l'Amore,

se ogni cosa circolerà:

ciò che si ha, ciò che si è,

ciò che si vive, ciò che si spera.

 Ogni esperienza di Dio Amore

comunicata a chi Dio ci dà

potrà unirci sempre di più

in armoniosa comunione.

 

sr. Nunziella

 

 

[1] In comunione o, per così dire, “in Trinità”.

[2] Delle cellule vive del Corpo mistico, quasi “Trinità concrete”.

[3] Diario, Ottawa, 25 maggio 1993.

Carissime e carissimi tutti,

siamo giunti a trattare un aspetto concreto dell’amore che potrebbe non essere considerato retaggio di tutti, dai più poveri ai più ricchi. È invece, a mio avviso, una dimensione importante della nostra vita cristiana, se vogliamo maturare nella nostra fede e nel nostro impegno professionale e lavorativo, mettendolo a servizio dell’amore. Sarà importante per fare questo valutare lo stretto rapporto che la formazione e lo studio hanno con la sapienza che viene da Dio.

Assetata di verità, ho fin da giovane studiato filosofia per ricercare quel che è possibile esplorare sul mistero di Dio e della persona umana, più tardi ho sperimentato una luce interiore che mi ha illuminata e guidata sul cammino della sapienza e ho constatato con chiarezza che nel pensiero umano posso incontrare cose vere, ma non la Verità che è Dio stesso, questo incontro è dono di grazia che ordina la vita.

Nella comunione vissuta con coloro che Dio mi ha dato ho poi fatto l’esperienza della presenza di Gesù, sapienza viva e operante nella comunità unita nel suo nome.

Il Verbo incarnato è, come dice san Paolo, «sapienza di Dio» (1Cor 1,24), Cristo crocifisso e abbandonato è la rivelazione del mistero trinitario, è la Sapienza stessa.

Non c’è, allora, conoscenza umana che non debba essere informata dalla sapienza che viene da Dio, se non vuole dissolversi in vana erudizione.

La ricerca della vera sapienza coincide col vivere in profonda comunione con gli altri, con la Chiesa tutta, con l’umanità intera, sapendo amare fino a donarsi interamente come Gesù crocifisso, che nel suo abbandono, ha fatto persino l’esperienza di perdere Dio, per renderci partecipi della vita divina, per farci figli di Dio.

Alla luce di quanto ho detto, possiamo comprendere l’importanza dello studio, di qualunque forma di apprendimento del sapere umano, se ordinato a condurci alla sapienza, a una sempre più profonda conoscenza di Dio, a un amore sempre più maturo nei riguardi di Dio e degli altri. Questo non vale soltanto per gli studi catechetici e teologici, ma anche per tutte le altre discipline, perché ogni campo del sapere umano contiene e riflette la bellezza del mistero di Dio e della creazione tutta intera.

Teologia, medicina, letteratura, scienze, arte, informatica… tutto serve a comprendere meglio la realtà in cui viviamo e l’eterno principio, da cui tutto proviene: Dio stesso. Una conoscenza umana più profonda ci rende più capaci di vivere in relazione con Dio, con noi stessi, con gli altri, col creato.

Non mi riferisco soltanto all’uno o l’altro studio specifico per conseguire dei titoli e prepararsi a svolgere una professione, ma anche allo studio inteso come dimensione della vita cristiana, a cui dedicare costantemente del tempo, nelle varie fasi della nostra esistenza, per approfondire la conoscenza di Dio e amarlo di più, per approfondire la comprensione della persona umana in tutti i suoi aspetti e della creazione in tutte le sue componenti, per amare di più il nostro prossimo e custodire responsabilmente il creato, nostra casa comune.

Potremmo dire che la comunione con Dio ci spinge anche a studiare e lo studio ci porta alla comunione con Dio, «chi non ama non ha conosciuto Dio» (1Gv 4,8).

Anche i teologi, se non amano Dio, non lo conoscono. Lo studio fatto per se stessi, non informato dalla Sapienza, può allontanare da Dio e dagli altri.

È, inoltre, molto utile per chi ne ha la possibilità, confrontare con altri, che abbiano il suo stesso amore per la verità, le nozioni apprese attraverso lo studio, per cogliere in ogni apprendimento la linea d’oro della sapienza che è sottesa a tutto il sapere umano.

Gesù fra noi presente nella comunione vissuta è la Sapienza stessa, facciamo in modo di accoglierla in noi con fedeltà e amore, anche lo studio farà allora da supporto a quanto sperimentiamo o intuiamo nel vissuto quotidiano.

L’amore a Gesù e, in modo particolare, a Gesù crocifisso e abbandonato è, allora, per noi fonte di sapienza.

Tale sapienza deve informare la nostra vita e il nostro pensare, la cui caratteristica principale dovrebbe essere la dimensione comunionale, la capacità cioè di pensare insieme, di dialogare, di mettere in relazione le varie discipline del sapere. L’amore scambievole, l’unità in Cristo è il fondamento e il contenuto della vera sapienza che abbraccia tutti i campi del sapere umano; dobbiamo saper dialogare insieme per giungere a un unico pensiero su ogni cosa, pur con la ricchezza delle varie sfaccettature che ognuno apporta; in tal modo, come dice san Paolo giungiamo ad avere «il pensiero di Cristo» (1Cor 2,16) su ogni cosa.

In quest’ottica lo studio è la strada e lo strumento per giungere a scoprire la sapienza in ogni ambito della realtà.

Ricordo che, in un periodo particolare della mia vita, dopo aver studiato per anni filosofia, mi sono ritrovata, non senza il concorso di una grazia, a sperimentare una sorta di luce interiore che illuminava in modo nuovo quanto avevo appreso sui libri in tanti anni di studio. Ho, allora, visto, con sguardo rinnovato, le stesse cose che prima avevo studiato; potrei dire che in tal modo il sapere ha fatto da sostegno alla sapienza.

È questo il significato di qualunque studio, che non sia pura cultura o erudizione.

Noi dobbiamo studiare, così come dobbiamo fare qualunque altra cosa, per fare cioè la volontà di Dio, senza attaccamenti particolari neanche allo studio, perché in tutti e attraverso tutto è solo l’amore che dobbiamo cercare, è solo l’amore che ci realizza come persone e come cristiani; lo studio, tutt’al più, ci serve per maturare e far crescere questo amore.

È ovvio che per un cristiano sia indispensabile avere prima di tutto una adeguata istruzione catechetica per poi passare, secondo le possibilità di ciascuno, a un eventuale approfondimento teologico della fede; per tutti è poi importante la formazione umana e professionale per intraprendere e portare avanti il proprio lavoro. Anche gli studi professionali, però, non devono allontanarci dalla vera sapienza, che è sempre a servizio dell’amore e non è mai prurito di sapere per affermare noi stessi.

Anche il sapersi aggiornare nel proprio campo specifico per svolgere meglio il proprio lavoro deve essere fatto con spirito evangelico senza carrierismo o vana gloria.

Quelli che sono poi chiamati, per vocazione o per ministero, a svolgere particolari servizi nella Chiesa potranno trovarsi a studiare teologia per sostenere meglio la loro vita d’impegno cristiano; sarà anche importante non trascurare gli insegnamenti del Magistero.

Se mi è permesso concludere con un’esperienza personale, voglio qui menzionare l’importanza dei libri e della lettura, mai del tutto sostituibile dai mezzi di comunicazione sociale, a questo scopo ho, personalmente, dato l’avvio nella Casa Madre delle Suore del Bell’Amore a una biblioteca, che va, gradualmente, crescendo e arricchendosi di vari contributi. Nella storia della Chiesa sono stati i monaci a custodire, a volte, la storia e la cultura con le loro splendide biblioteche.

A conclusione, mi sembra importante comprendere che la formazione e lo studio non dovrebbero essere retaggio di pochi, ma una dimensione della vita che tutti ci coinvolge, dallo spazzino al deputato, dal laico al sacerdote, dalla casalinga alla religiosa. Ognuno deve prodigarsi per fare sempre meglio quello che fa: il cuoco imparerà sempre meglio ciò che riguarda la cucina e le pietanze, l’insegnante approfondirà una sana pedagogia, il medico si aggiornerà sui progressi della medicina, il contadino si informerà sui nuovi ritrovati dell’agricoltura atti a coltivare meglio la terra, l’economista esplorerà i nuovi sistemi bancari; ma tutti, indistintamente, secondo le loro possibilità e competenze, non cesseranno di approfondire la conoscenza dei contenuti della loro fede e del mistero di Dio, mettendo la propria scienza umana a servizio dell’amore e della vera sapienza.

 

sr. Nunziella

Testo del Punto_luce di_novembre saricabile_2022.pdf 

Carissime e carissimi tutti,

vorrei meditare con voi su un aspetto dell’amore, da cui non possiamo prescindere se vogliamo camminare speditamente sulla “via dell’Amore”, si tratta della vita spirituale e di preghiera vista nelle sue dimensioni personale e comunitaria.

Memori delle parole di Gesù: «Dove due o più sono uniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20), siamo chiamati a essere sempre più in comunione con Gesù in mezzo a noi e con l’intera umanità bisognosa di salvezza.

 

Vita spirituale

L’itinerario spirituale della via dell’Amore è un cammino di santità che è ad un tempo personale e comunitario, esso tende a condurre all’unione con ciascuna delle tre Persone divine, portandoci a vivere, in comunione con Maria, la relazione con Dio-Trinità non solo come persone, ma anche come comunità, come Chiesa viva.

Amare Dio, facendo la sua volontà, deve essere l’asse portante della nostra vita.

Alla scuola del Vangelo impariamo ad entrare in comunione con Dio, fra noi e con gli altri.

L’impegno a vivere il comandamento dell’amore scambievole datoci da Gesù ci fa uno fra noi in lui; la condivisione delle esperienze sulla Parola di Dio alimenta e approfondisce questa unità, operando una continua conversione personale e comunitaria.

La comunicazione delle luci e delle intuizioni avute sulla Parola di Dio, l’ascolto reciproco, la comunione d’anima ci danno una nuova comprensione del Vangelo, focalizzandoci sempre più sulla presenza di Gesù in mezzo a noi quando siamo uniti nel suo nome (cfr. Mt 18,20).

Non è poi possibile camminare sulla via della santità senza imbatterci nella realtà della sofferenza, come afferma Gesù nel Vangelo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23).

Gesù stesso, sulla croce, ha assunto su di sé ogni nostro dolore e peccato, fino a fare l’esperienza di sentirsi abbandonato dal Padre; vivere, allora, ogni nostra sofferenza unendola alla sua passione trasforma ogni nostra prova in passaggio pasquale.

Impariamo, così, a fare la scelta di Gesù crocifisso e abbandonato, vivo e presente sia nelle piaghe della Chiesa e della società di oggi, sia nei nostri limiti personali e nelle nostre stesse infedeltà a lui.

La Vergine Madre ci indica la via, anzi si fa via per noi e impariamo a guardare la Chiesa e il mondo con gli occhi di Maria che non ha lasciato solo Gesù, sul Calvario; con lei e in lei siamo chiamati a riconoscere e amare Gesù presente in ogni dolore nostro, degli altri e dell’intera umanità; in comunione con lei amiamo ogni prossimo che incontriamo con un cuore di madre, col suo cuore, vedendo in ognuno Gesù stesso, il Figlio unico.

L’amore agli altri e fra noi, allora, lungi dall’allontanarci o dal distrarci dall’unione con Dio, approfondisce la nostra vita di preghiera, la cui meta non è solo il nostro personale rapporto con Dio dentro di noi, ma anche con Gesù fra noi riuniti nel suo nome. Lo Spirito Santo opera in noi e fra noi, santificandoci personalmente e insieme.

L’esperienza della mutua continua carità (cfr 1Pt 4,8) ci fa istaurare fra noi un rapporto trinitario, in forza del quale ci amiamo, in qualche modo, come il Padre e il Figlio nello Spirito Santo.

 

 

Vita di preghiera

La scelta dell’Amore come principio, fine e mezzo di ogni azione dà alla nostra vita una connotazione contemplativa, comunionale e apostolica.

Il «pregate incessantemente» (1Ts 5,17) evangelico è luce e meta sempre da perseguire, nella fedeltà a Dio e alla sua grazia. Il Vangelo ci mostra spesso Gesù immerso nella preghiera in un luogo appartato. Anche per noi è importante dedicare ogni giorno un certo tempo alla preghiera esplicita, la mancanza di fedeltà ad essa può condurci a vivere superficialmente.

Il rispetto di un certo ritmo di vita è fondamentale per progredire nella via dell’Amore.

L’impegno a vivere la volontà di Dio dell’attimo presente, il ricorso a piccole invocazioni, come quelle dello “yoga mariano”[1], il silenzio interiore sono tutti aiuti efficaci per un vero raccoglimento interiore, educano, infatti, a un atteggiamento di amorosa attenzione a Dio e alla sua Presenza viva e operante in noi.

Offrire a Dio ogni nostra azione, dicendo: “Per te, Gesù! Con te, Maria!” ci sprona a camminare in esplicita comunione con Gesù e Maria.

È, però, importante avere dei momenti nella giornata in cui lasciamo ogni attività e ogni occupazione interiore per raccoglierci in Dio.

Il ritmo giornaliero e settimanale può essere dato dalla preghiera del mattino e della sera, dalla meditazione e orazione personale, dal rosario, dalla Messa… Nell’arco dell’anno possiamo fissare i tempi del ritiro mensile e degli esercizi annuali.

Ciascuno ha da pregare secondo un programma di vita adatto alla propria vocazione e ai doveri del proprio stato, ma per tutti, in un modo o in un altro, si impone il dovere di pregare; per fare questo bisogna tener conto di alcune condizioni necessarie. Per prima cosa, anche se dobbiamo imparare a pregare dappertutto, ciò non toglie che lo stesso Gesù ci esorta a ritirarci in un luogo adatto: «Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6).

Un’altra condizione per pregare bene è stare attenti alla posizione del corpo, scegliendo quella che più ci aiuta a raccoglierci, data l’inscindibile unità corpo-anima.

Fare silenzio interiormente è poi indispensabile per entrare in comunione con Dio e ascoltare la sua voce, che ci parla attraverso la nostra coscienza.

Varie possono essere le forme di preghiera: vocale, mentale, contemplativa, tutte si intrecciano in un cammino di crescita e di approfondimento della vita spirituale.

La preghiera vocale ben fatta può condurre alla contemplazione, in ogni caso quando preghiamo vocalmente può a volte non essere necessario prestare attenzione al significato di ogni parola, quel che conta è amare, può essere questo il caso del Rosario, mentre ripetiamo le Ave Maria.

La meditazione vuole portarci alla conversione della nostra mentalità, sintonizzandola sul Vangelo; essa non dovrebbe consistere nel riflettere molto, ma nell’amare, intrattenen-doci con Dio con fiducioso abbandono.

Esistono vari metodi di fare orazione, all’inizio è importante apprenderne qualcuno per imparare a meditare.

Qualunque sia il metodo adottato, si tratta sempre di scegliere un argomento tratto spesso dal Vangelo o dalla Scrittura; dopo la lettura o la presa in esame del tema è bene passare del tempo a meditare, alla riflessione dovrebbe subentrare il dialogo amoroso con Dio, fino a una sorta di preghiera affettiva, concludendo con un proposito pratico per la giornata.

Man mano che avanziamo nel cammino della preghiera, Dio può agire con l’iniziativa della sua grazia e condurci a una preghiera di semplice sguardo amoroso, fino alla contemplazione, ma questa non è in nostro potere possiamo solo predisporci ad essa, sapendo sempre tornare a meditare e a pregare come sappiamo qualora cessasse la spinta della grazia. In questo campo l’orazione può anche conoscere tempi di aridità e di buio dai quali Dio può farci passare per purificarci, quel che conta è lasciarci condurre da lui, docili alla sua grazia, sapendo che nella via dell’amore giungere all’unione con Dio coincide col vivere in profonda comunione di vita e di intenti fra noi e con gli altri. Noi camminiamo sulla via della santità insieme e questo ci santifica personalmente e comunitariamente. Alla fuga mundi di un tempo, che pure ha fatto i santi, subentra ora l’amore a Gesù in mezzo a noi, il Santo fra noi che ci rende partecipi della sua santità come persone e come comunità.

I rapporti fra noi, la reciproca correzione e promozione, la comunione interpersonale ci fanno sempre più Chiesa viva; la nostra unione con Dio alimentata dall’amore a Gesù crocifisso e abbandonato è così inscindibile dall’amore a Gesù fra noi e in ogni prossimo che incontriamo.

La preghiera ci porta nel cuore di Cristo e del suo mistico Corpo, potremmo concludere dicendo che l’amore verso Dio va di pari passo con l’amore fra noi e con gli altri.

sr. Nunziella

 

 

SLOGAN:             «Pregate incessantemente» (1Ts 5,17)

 

[1] Scopelliti sr. Nunziella, Itinerario di luce, Ed. Paoline, 2018, pp. 49-56.

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