Ieri pomeriggio, nei Primi Vespri della solennità di Pentecoste, mamma Antonietta, la mamma di sr Maria Giovanna, è tornata alla casa del Padre; è morta serenamente a Ferrazzano (CB), suo paese natio.

Mamma Antonietta aveva 94 anni e ha vissuto per moltissimi anni a Campobasso insieme al marito, papà Cecco; diversi anni dopo il matrimonio, ha ricevuto il dono di due gemelle di cui una è subito andata in Cielo, morendo alla nascita. Mamma Antonietta e papà Cecco sono stati poi coinvolti nella speciale chiamata alla vita consacrata di Maria Giovanna: un dono e una benedizione da parte di Dio.

Chiediamo per mamma Antonietta la grazia di potere godere della gioia del Paradiso. I funerali saranno celebrati, oggi, a Ferrazzano.

Continua il quotidiano appuntamento di mezzogiorno per la recita del Regina Coeli, pochi minuti in cui da vari punti di Italia e del Sud della Germania tanti cuori elevano unanimi la preghiera a Maria, unendosi poi alla preghiera del “Consenserint” con la quale, quotidianamente, la comunità riunita nel nome di Gesù chiede al Padre quanto più le sta a cuore.

Oggi un piccolo problema tecnico (si è bloccato il software di streaming!) non ha permesso di condividere le intenzioni espresse da sr. Nunziella nel “Consenserint”, le riportiamo qui per tutti coloro che vogliono unirsi alla nostra preghiera.

Oggi, riunite nel nome di Gesù e per intercessione di Maria abbiamo chiesto:

  • la sapienza nell’uso dei mezzi di comunicazione per le suore del Bell’Amore, secondo lo spirito dei voti;
  • l’unità delle comunità e dei Cenacoli del Bell’amore;
  • l’unità della Chiesa;
  • l’unità delle chiese;
  • la concordia e la pace per il mondo intero;
  • la vita eterna per i morti;
  • luce e forza per il Papa

A domani, alle 12! http://www.suorebellamore.it/index.php/dirette

Marilena e Alessandro nati e cresciuti in riva al mare di Capo d’Orlando, una volta sposati, hanno messo su casa a Palermo, qui infatti Marilena, ingegnere informatico, è ricercatrice in ambito Smart Energy presso un laboratorio di ricerca e sviluppo di una multinazionale, lavora per azienda internazionale di information technology e, in questa città, Alessandro decide di iniziare una nuova esperienza professionale nell’ambito dell’amministrazione condominiale lasciando il suo precedente lavoro a Capo d’Orlando, perché questa nuova famiglia possa fin da subito vivere e crescere insieme.

Impegnativo il lavoro di Marilena, il lavoro di Alessandro implica invece una vastissima e a volte “vivace” rete relazionale (interessante sentirlo descritto da Martina: “Il mio papà ha tante occasioni per essere una presenza d’amore tra le persone, perché qualche volta, nei condomini, non riescono proprio a mettersi d’accordo!”. La distanza geografica da nonni, zii e parenti è un incentivo a vivere una forte comunione e una grande solidarietà all’interno della famiglia, incastrare scuola, palestra, compiti, lavoro, influenze… è un ottimo esercizio per imparare sempre più a non perdere di vista l’amore all’altro che diventa fonte di gioia e di festa.

Eppure le amate gite fuori porta (amate visite ai nonni per i più piccoli), gli equilibri sperimentati in giornate intense, le allegre passeggiate domenicali, l’impegnativa ma cara routine scolastica… per la famiglia Canfora come per un’infinità di altre famiglie,tutto questo e molto altro è stato improvvisamente messo in questione da un piccolo virus che ha sconvolto il mondo. Un tempo difficile, è vero, ma anche un’occasione più unica che rara.

È direttamente Marilena a raccontarci, allora, come è andata.

Sono passati due mesi da quando è stata dichiara la Pandemia ed il nostro governo ha emanato le misure restrittive che ci impongono di stare a casa. Ciascuno di noi è stato chiamato a fare la propria parte in questa situazione particolarmente difficile e dolorosa. Sto vivendo un’esperienza che mai avrei pensato nella mia vita e continuo a sperimentare ogni giorno la grazia di Dio che mi sostiene e mi consente di vivere con serenità questa situazione di clausura forzata.

La quotidianità della famiglia Canfora è stata completamente stravolta: siamo tutti e 4 sotto lo stesso tetto 24 ore su 24. Io ed Ale lavoriamo in modalità di smartworking, Martina frequenta la scuola in video conferenza e Gabriele si gode la sua famiglia, felice di passare del tempo con i genitori e la sorella.

Sia io che Ale abbiamo organizzato la giornata in modo che sia scandita da momenti ben precisi; è importante che tutta la famiglia abbia un ritmo da seguire. A giorni alterni ci alleniamo, facciamo un pò attività fisica insieme ai bambini in modo da muoverci un pò e scaricare le tensioni.Quando non lavoriamo, sia io che Ale ci dedichiamo ai bambini, cuciniamo insieme. Ci stiamo specializzando nella preparazione del pane, della pizza, di biscotti e torte. Di certo in casa Canfora non si soffre la noia e non si ozia.

I bambini hanno dimostrato un'elasticità ed una maturità che mi ha sorpresa. Durante tutto questo periodo sono rimasti sereni nonostante tutto.

Durante la quarantena abbiamo anche festeggiato il compleanno di Martina, in modo semplice ma facendole festa. Io mi sono presa un giorno di ferie in modo da potermi dedicare completamente a lei; le ho cucinato i suoi patti preferiti ed ho abbellito la casa con dei palloncini. Non sono mancati i regali arrivati anche da Capo d'Orlando per posta. Il giorno dopo mi ha detto che era stata una bellissima festa perché si è sentita amata dalle persone a lei più care. Questo mi ha dimostrato che i nostri figli hanno solo bisogno di sentirsi amati, tutto il resto è solo un contorno.

Non sono mancati momenti di sconforto, dei piccoli dolori da offrire a Gesù crocifisso e risorto.

La grazia del sacramento del matrimonio ha sostenuto me ed Ale e ci ha aiutati nella comunione reciproca e nel rapporto con i bambini.

Quanto stiamo vivendo di certo rimarrà impresso nei nostri cuori e nella nostra mente.

Intanto che ringraziamo questa famiglia per averci permesso di entrare nell’intimità del loro focolare domestico, siamo felici di dare voce anche alla “giovanissima” Martina, 8 anni, anche i più piccoli, infatti, sono protagonisti di questo tempo che viviamo e, ce lo hanno mostrato tante volte, non si tirano indietro nel dare il loro contributo, perché “Andrà tutto bene” se, oggi, rendiamo tutto “più bello” cioè più umano.

Quando mamma e papà mi hanno spiegato che dovevo stare a casa ho provato una bella sensazione perché pensavo non durasse così tanto e che non eravamo in questa crisi. Anche se mi manca la scuola mi piace stare a casa con la mia famiglia perché abbiamo la possibilità di passare più tempo insieme. La mattina mi collego in conference call con le mie maestre ed i miei compagni. Sono felice di vederli e di poter parlare con loro. Quando eravamo a scuola potevamo abbracciarci, ora però lo possiamo fare solo virtualmente. Il pomeriggio impegno il tempo giocando, studiando e guardando un po' di tv. Mi piace anche leggere i libri di Geronimo Stilton perché mi danno la possibilità di viaggiare nel tempo con la mente. La sera appena finiamo di cenare ci guardiamo un film in famiglia. Appena finisce la quarantena voglio andare a Capo d’Orlando a giocare con i gatti e le tartarughe. Non vedo l’ora di uscire e riabbracciare tutti i miei parenti e compagni.

 

Si parla già di fase 2, ma ciò non toglie che ancora ci troviamo in pieno lockdown in gran parte del mondo, da settimane tanti di noi hanno dovuto impostare diversamente la propria vita lavorativa (chi ha potuto), scolastica, sociale, familiare e, non possiamo certo trascurarlo, ecclesiale.

Questi giorni, queste settimane, hanno scritto pagine indelebili del diario dell’umanità e della cristianità, cantandone il desiderio di comunità, la consapevolezza di essere Chiesa, popolo amato da Dio, unico gregge del Buon Pastore, la riscoperta della cattolicità dell’appartenenza a Cristo, cioè dell’universalità della salvezza senza distinzione di razza, di ceto, di cultura, di salute.

Ognuno si scopre interpellato da questo mondo, da questo tempo e dal tempo che verrà, dai bisogni dei fratelli di oggi e dal mondo di domani. Già, perché questo è tempo di domande importanti: “Qual è il futuro che voglio?” o meglio “Quale futuro sto preparando?”, “Quale il senso di questo presente?”, “Quale il mio posto nell’orchestra del mondo?”. In alcune fasi della vita, come quello della giovinezza, queste domande hanno sempre rappresentato la provocazione, la forza, il tormento, la spinta che si agita nei cuori e che li spinge a scelte coraggiose, a decisioni importanti…

Maria! Francesco! Chiara! Domenico! Ognuno chiamato a questo mondo, chiamato per qualcosa, chiamato per qualcuno, chiamato per amare, chiamato per Amore.

Il Papa ha invitato, spesso, ultimamente a lasciarsi ispirare dalla creatività dello Spirito Santo per alimentare la vita di fede, la vita ecclesiale, la comunione.

Non stupisce se a rispondere a quest’invito sono, anzitutto, i giovani, che, in molti casi, non si sono risparmiati nell’impegno concreto verso gli altri e nella ricerca di un rapporto con Dio sempre più vero e autentico. Amando ci si rende conto sempre più chiaramente che la vita ha un senso, è orientata, già nell’essere chiamati a vivere c’è, in germe, il senso che dà compimento alla vita di ciascuno, e nella primavera della vita, la giovinezza, in cui il seme dà i primi germogli, è grande la voglia di scoprire chi veramente si è.

Questa riflessioni sono state condivise anche da un bel gruppo di ragazze, dai 14 ai 30 anni, che da varie parti di Italia, dalla Germania, dal Libano, e adesso anche dal Brasile e dalle Filippine, hanno voluto partecipare alla “Chiamata” settimanale (una Video-Chiamata), organizzata dalle suore a Casa Madre (Palermo), in cui il tema della “Chiamata” accompagnerà la riflessione per tutto il tempo di Pasqua.

Le adesioni in tutto sono già più di settanta, gli incontri in italiano, tedesco ed inglese, le nazionalità sono anche più variegate se si considerano le provenienze di alcune giovani, una significativa preparazione alla solennità di Pentecoste, riuniti nel Cenacolo, attorno a Maria, accogliamo lo Spirito che conferisce a ciascuno l’audacia necessaria per divenire, nel mondo, testimoni della gioia del Risorto.

sr. Daniela - Casa Madre

 

Oggi è la seconda Domenica di Pasqua che Papa Giovanni Paolo II ha voluto fosse denominata Domenica della Divina Misericordia per richiamare i fedeli a celebrare il dono grande del perdono di Dio che, continuamente, chiama l’umanità all’amicizia con Lui. Il cammino di ogni uomo e di ogni donna provato dalla fragilità, dalla caduta e dal peccato, talvolta anche grave, non è mai un vicolo cieco, anche la strada più impervia è raggiunta da Cristo Redentore che nella sua morte assume il peccato del mondo, il peccato di ciascun uomo, nella sua Risurrezione ci dona la sua grazia, ci riammette pienamente nella comunione col Padre.

Gesù, apparendo ai discepoli dopo la risurrezione dice: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Non c’è peccato che, col Sacramento della Riconciliazione, non possa essere perdonato, ogni colpa confessata con sincero pentimento, infatti, viene rimessa. In questa festa si fa memoria proprio del dono grande della Misericordia, per questo Giovanni Paolo II ha voluto che per sempre in questo giorno si potesse ricevere l’indulgenza plenaria alle solite condizioni (più avanti le diremo).

Ma cos’è l’indulgenza plenaria? Ricorriamo ad una classica ma molto efficace storiella.

C'era una volta un ragazzo un po’ “litigioso”. Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno nello steccato del giardino ogni volta che avesse perso la pazienza e litigato con qualcuno.

Il primo giorno il ragazzo piantò 37 chiodi nello steccato. Nelle settimane seguenti, imparò a controllarsi e il numero di chiodi piantati diminuì giorno per giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare i chiodi.

Finalmente arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò alcun chiodo nello steccato. Allora andò dal padre e gli disse che per quel giorno non aveva piantato alcun chiodo.

Il padre allora gli disse di levare un chiodo dallo steccato per ogni giorno in cui non aveva perso la pazienza e litigato con qualcuno. I giorni passarono e finalmente il ragazzo poté dire al padre che aveva levato tutti i chiodi dallo steccato.

Il padre portò il ragazzo davanti allo steccato e gli disse: "Figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda quanti buchi ci sono nello steccato. Lo steccato non sarà mai più come prima

Se quei chiodi rappresentassero i nostri peccati, potremmo dire che ogni volta che ci accostiamo al Sacramento della Riconciliazione lo steccato del nostro cuore ne viene liberato, ogni chiodo viene tolto e lo steccato resta libero. Eppure le ferite, i buchi, restano sul legno, anche se riparati lasciano la loro traccia, il legno ferito resta più debole, più sono i buchi e le lesioni, più facilmente può spezzarsi. Non è in nostro potere restituire allo steccato la sua integrità. Ecco l’intervento il dono grande dell’Indulgenza Plenaria, nella quale Dio stesso interviene per sanare, per ricreare, purificando la nostra vita con la sua forza santificatrice, donandoci così la Sua Grazia capace di sanare le ferite e ordinare le nostre relazioni con Dio, con gli altri, con noi stessi e con la creazione.

Come ricevere un dono così grande? Come tendere le mani per accogliere la ricchezza che ci viene dal sacrificio redentivo di Cristo e dal dono della vita di tanti santi? “Tendere le mani” significa metterci nelle condizioni di ricevere tale dono. Per ricevere l’indulgenza plenaria nei momenti in cui la Chiesa la concede (come in questo giorno) è necessario confessarsi per ottenere il perdono di tutti i peccati commessi, fare la comunione eucaristica, per essere fortemente uniti a Cristo, pregare secondo le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa, e assolvere alla condizione specifica a cui è legata l’Indulgenza, ad esempio, nel caso della festa della Divina Misericordia, la Chiesa chiede che il fedele “in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS.mo Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").”

Quest’anno, a motivo del corona virus, molti di noi non potranno confessarsi, fare la comunione sacramentale e qualcuno non potrà neppure recarsi in chiesa. Come fare?

In questo caso è possibile recitare, di fronte ad una pia immagine di Nostro Signore Gesù Misericordioso, il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te"), con totale detestazione di qualunque peccato e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni

Se neppure questo fosse possibile ciascuno si potrà unire con l’intenzione a coloro che praticano nel modo ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e potrà offrire a Dio Misericordioso una preghiera, potrà pregare secondo le intenzione del Papa e fare il proposito (da mantenere) di confessarsi e ricevere la comunione sacramentale non appena possibile.

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