Finché non ameremo l'Unigenito in ogni prossimo, finché non ci abitueremo cioè ad incontrare ogni prossimo come l'unico, non ci imbatteremo mai, pienamente, in Cristo, né sperimenteremo la dimensione materna dell'amore trinitario; se, invece, amiamo il prossimo, in comunione con Maria, siamo, per così dire, immessi dallo Spirito nel mistero d'amore che lega la Madre al Figlio e scopriamo in noi la capacità di accogliere, con un cuore di madre, l'Unigenito, il Figlio unico in ogni prossimo con cui veniamo a contatto.
Hai mai provato, tu che mi ascolti, a guardare con sguardo di fede il tuo prossimo, vedendo in lui presente Cristo, l'Unigenito, l'unico Figlio, o hai sostato davanti a lui con l'animo già preoccupato delle altre persone da incontrare, delle altre cose da fare?
Non basta amare il prossimo come uno fra tanti, bisogna amarlo come l'unico.
Conosce meglio un albero chi ne ha piantato uno nel giardino di casa sua e lo ha visto crescere, fiorire a primavera, produrre frutti d'estate, diventare spoglio d'inverno, di chi ne ha visti migliaia, di sfuggita, percorrendo in macchina una strada in mezzo ai boschi.
Cessa di essere turista dell'umanità, vittima di quell'universalismo cristiano, che ti fa amare tutti per non amare nessuno! Comincia a interessarti di quelli che Dio ti mette accanto; se poi fossero povera gente, ignorante, un po' ottusa e piena di egoismo e di ambizione, ricordati che gli apostoli, recuperati ad uno ad uno sulle rive del lago di Tiberiade, non erano certo migliori, se, dopo tre anni di vita con Gesù, litigavano per contendersi il primo posto e non avevano capito il mistero del Maestro.
Come Gesù, impara a chiamare per nome quelli in cui le circostanze della vita ti fanno imbattere, portali a casa tua, istruiscili con pazienza, servili, attendili, entra nel loro mondo, nella loro mentalità, nella loro cultura, fatti «tutto a tutti» (1Cor 9,22), diventa serio con chi è triste, allegro con chi ride. Non basta che tu comprenda, con lo spirito, la situazione dell'altro, devi viverlo, al punto da sentire in te le sue gioie e le sue pene, come fa una madre col proprio figlio e col proprio figlio unico.
Mi dirai: «Com'è possibile fare questo per la mia natura umana, come faccio a comportarmi così con chi mi è antipatico? E non è semplice neppure con chi è simpatico!». Ti risponderò di non sforzarti neanche, tutto questo è impossibile alla natura; da quando Eva ha tratto in inganno Adamo, l'immagine di Dio impressa nella prima coppia umana, trinità della terra, è stata rotta e permane rotta in tutti i figli di Adamo ed Eva. Solo il nuovo Adamo e la nuova Eva, trinità terrestre della nuova creazione, possono generare il nuovo popolo dei figli e delle figlie di Dio, ma a condizione che questi ultimi lascino il vecchio uomo, irrimediabilmente rotto, e rivestano l'immagine dell'uomo nuovo, che, per così dire, ha nome Gesù-Maria.
In Cristo e in Maria, tu puoi vivere l'altro, scoprire Gesù in ognuno, amare ogni prossimo come l'Unico, la fede ti fa capace di quest'amore.
Non credere, però, che, su questa strada, tu debba necessariamente essere ricambiato nell'amore, diversamente non si spiegherebbe la crocifissione di Cristo.
È già una grande grazia essere fatto da Dio capace di voler bene; e tuttavia, finché il tuo amore non ha risposta, tu senti che qualcosa non va: in te, nell'altro, poco importa, e hai ragione di sentire così, soprattutto se, contemplando Dio Amore, ti ricordi che è comunione perfetta del Padre col Figlio nello Spirito, soprattutto se, ricordandoti della preghiera sacerdotale di Gesù, risenti nel tuo spirito riecheggiare le sue parole: «Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi» (Gv 17,21).
Finché tu non sperimenterai concretamente di voler bene a qualcuno, con tutta l'anima e con tutto il cuore, e di essere ricambiato, non conoscerai mai l'amore di Dio, né conoscerai veramente te stesso e la tua fede resterà, spesso, oscura e difficile.
Tuttavia non è in tuo potere essere amato, tu puoi solo amare, e anche questo ti è dato dall'alto. Non ti è, però, proibito di chiedere a Dio, a cui «nulla è impossibile» (Lc 1,37) il dono di concepire e generare, nello Spirito, con e in Maria, l'Uomo nuovo nella comunione vissuta con coloro che Dio ti dà come compagni di viaggio nel cammino della vita; una simile esperienza non è programmabile da te, è solo in mano a Dio, nell'ora sua e con chi egli vuole; tuttavia solo il giorno in cui, in un rapporto concreto con qualcuno, comincerai a sperimentare il «tu in me e io in te», percepirai finalmente di essere te stesso, realizzando la tua vocazione di uomo e di donna; non si è tali, se non si è in comunione, non dimenticando che la relazione che meglio esprime l'immagine trinitaria nella carne è l'unità perfetta dell'uomo con la donna; non credere che una simile relazione sia facile e gratificante, ti domanda il «rinnega te stesso» evangelico sempre rinnovato, la fede nell'amore reciproco al di là di ogni forma, tuttavia ti dà la pienezza, ti svela a te stesso, ti fa crescere umanamente e spiritualmente, convoglia in un'autentica esperienza di Dio tutte le energie del tuo spirito, del tuo cuore, del tuo corpo.
In quest'ambito, l'uomo e la donna si incontrano sul piano della comunione perfetta data dalla complementarità dei distinti, destinata a veicolare l'incarna-zione della relazione trinitaria; non è, però, necessario essere un uomo e una donna, per vivere questa relazione, anche due fratelli, due sorelle possono sperimentarla, perché in Dio non c'è né uomo, né donna (cfr. Gal 3,28).
Nunziella Scopelliti, Maria, incanto e mistero, Effatà, Torino 2016, 92-95.