LASCIARSI VIVERE DA MARIA

Per tanto tempo, nella tradizione cristiana, la Madonna è stata vista come un modello da imitare, compendio di ogni santità, pienezza di ogni virtù. Una simile concezione, ancorata ancora al piano etico, ha rischiato di porre la vita cristiana in una tensione morale dipendente ancora dai nostri sforzi personali, senza agevolare sempre l'entrata nell'esperienza di Dio «per Maria»; altro è, infatti, imitare il modo di essere della creatura più perfetta che sia mai esistita, altro è farci vivere da lei.

Si tratta di porsi in un atteggiamento interiore di perfetta accettazione di sé e dei propri limiti, che, nell'attuazione del «rinnega te stesso» evangelico (cfr. Mt 16,24), predisponga la persona a darsi interamente a Maria come sua «schiava»[1], secondo san Luigi Maria Grignion di Montfort, o sua «cosa» o «proprietà»[2], secondo san Massimiliano Maria Kolbe…

Corpo, anima, facoltà, doni di natura o di grazia, tutto va dato a questa Madre dolcissima, perché ne usi liberamente, perché sia lei ad agire in noi e non più noi. Un atto di consacrazione così pieno e assoluto presuppone, però, una presa di coscienza del mistero di Maria e del suo ruolo nella storia della salvezza.

Maria non può comprendersi senza comprendere Dio, di cui è perfettissima immagine creata, e Dio è Amore.

Lasciarci vivere da Maria è dono di grazia; possiamo soltanto predisporci a ricevere un simile favore, ma niente di più - «Ogni dono perfetto viene dall'alto» (Gc 1,17) -; se, però, Dio si degna concederlo, allora si apre per l'anima un orizzonte sconfinato, il cammino si fa agevole, le prove diventano giogo soave. Occorre, però, essersi determinati, in modo inequivocabile, per l'Amore, che solo fa comprendere il mistero di Maria. Non si tratta di fare la nostra parte, pronti a perdere ogni nostro piano, ogni nostro progetto davanti all'intervento di Dio che ci supera, ma di aderire all'Amore nel silenzio di noi.

Dobbiamo lasciarci portare dalla grazia, essere vuoti interiormente, poveri di spirito, vivendo il nulla di noi continuo, senza progetti, senza pensieri, senza nemmeno il "nostro" amore per Dio, perché egli viva in noi; così si diventa Maria: è il dono di sé totale esigito dall'amore, che Gesù crocifisso ci ha rivelato nel suo abbandono sulla croce.

Dio non va amato col nostro amore, ma con l'Amore. Da noi stessi non possiamo neanche dire: «Padre»… e l'Amore è una Persona: è lo Spirito; non c'è, allora, strada più veloce per amare Gesù, se non quella di affidarci all'Amore stesso: al Paraclito; è, però, difficile per noi l'accesso diretto allo Spirito, senza una quasi personificazione sensibile che ce lo riavvicini; è così che la mia anima, agognando a una profonda relazione con Gesù, intuendola nello Spirito, si è imbattuta in Maria. In quel momento la mia vocazione si è illuminata e mi sono scoperta chiamata a essere Maria per Gesù. Il mondo mi è apparso come un grande deserto, in cui c'erano solo Gesù e Maria e in loro tutta l'umanità e tutto il cielo con la Trinità.

La Vergine è, per così dire, la relazione con Gesù, in lei lo Spirito ama il Figlio con accenti di umana tenerezza; in lei è il senso di una vera unità con Dio e con l'intera umanità.

In Maria e con Maria, siamo tutti chiamati a vivere la comunione con Cristo presente in ogni prossimo, amandolo come l'Unigenito; essere Maria per Gesù è, allora, il senso profondo della nostra vocazione cristiana.

Un'ulteriore spiegazione di questa intuizione potrebbe essere questa: Maria, dopo la morte e la resurrezione di Gesù, resta nel mondo, portando il Figlio nel suo cuore; nessuno come lei sa dove trovarlo: nell'Eucarestia, nella Parola, in Giovanni, negli altri apostoli e discepoli.

La Desolata cerca suo Figlio, lo ama in ciascuno dei suoi fratelli e sorelle, è la sposa del Cantico che grida: «Ho cercato l'amore dell'anima mia» (Ct 3,1), prendendo dentro questo amore per lui tutta l'umanità: è Maria per Gesù.

Ancora oggi Maria, vivente in chi si lascia marianizzare dalla sua presenza, cerca suo Figlio in ogni prossimo e nell'umanità piagata del nostro tempo e ingloba tutti e ciascuno in questa sua relazione con Gesù: è Maria per Gesù.

All'amore della Madre risponde quello del Figlio: egli è per lei; ci è lecito supporre che, sotto la croce, egli le abbia affidato Giovanni per poter avere ancora, accanto a sé, la Madre nel suo Corpo mistico, nei suoi, là dove egli sarebbe stato da allora in poi.

Gesù, presente in ogni uomo e in ogni donna di ogni tempo, vuole ancora oggi la Madre accanto a sé.

In noi la Vergine Madre vive la sua mistica maternità verso il Cristo totale.

La percezione di questa realtà mi ha rivelato il ruolo di Maria come Mediatrice tra noi e Gesù; è stata per me una grazia intuire questa sua funzione ed impostare, a partire da essa, il mio cammino spirituale.

«Persa» nella Vergine Madre, quasi «inghiottita» da lei, ho provato a fissare il mondo da dentro gli occhi di Maria, guardando l'invisibile, come lo vede lei; il mio cuore ha cominciato a battere immerso nel suo e ho compreso che amare da discepola è ben diverso che amare da madre. Se, per esempio, guardo il prossimo con l'amore di una discepola, vedo in lui Gesù, ma se lo guardo da dentro gli occhi di Maria, con lo sguardo di lei, dico: «Ecco mio Figlio!»; così, se ammiro un albero o un fiore, con la riconoscenza di una figlia di  Dio, posso pensare che sono stati creati in dono per me, ma se li guardo da dentro gli occhi di Maria, posso dire loro: «Sarete ricapitolati in Cristo, Figlio mio».

Ho così imparato a lasciarmi vivere da Maria, momento per momento.

È bello affidarsi a questa incomparabile Madre, perché ci conduca, passo passo, nel nostro cammino, guardando persone e cose da dentro i suoi occhi; se così faremo, vedremo che la prospettiva della nostra vita cambia e scopriremo che cosa vuol dire amare tutti e ciascuno con un cuore di madre fino ad essere Maria per Gesù, partecipi della sua esperienza di vita, tutta ordinata a Cristo Gesù.

 

[1] Cfr. san Luigi M. Grignion di Montfort, o.c..., n. 55.
[2] San Massimiliano Kolbe, Chi sei, o Immacolata?, Ed. Monfortane, Roma 1982, p. 72

 

INNO ALLO SPIRITO SANTO
O Spirito Consolatore,
tu m'inebri d'amore,
vibra il mio cuore
con gemiti ineffabili,
tutta di te mi beo,
gusto delizie nuove;
ti percepisco in me
presenza amante
e arcano mistero.
Io t'amo, mio Dio.
Soffio vitale,
vento risanante,
tenerezza increata,
ti intuisco e contemplo
nel volto materno
di Maria, Mamma
tenerissima;
il suo amore
mi svela il tuo,
dolce Paraclito!
Amore increato,
tu sei in me e mi conduci,
sei ardente come il fuoco,
lieve come la brezza,
soave come una madre,
palpitante come il cuore
della Vergine Madre
che di te
è trasparenza
e incomparabile
riflesso.
Spirito Santo, vieni,
vivificami,
santificami,
animami,
trasformami,
introducimi nella Trinità,
in Cristo Gesù,
mio Signore.

Finché non ameremo l'Unigenito in ogni prossimo, finché non ci abitueremo cioè ad incontrare ogni prossimo come l'unico, non ci imbatteremo mai, pienamente, in Cristo, né sperimenteremo la dimensione materna dell'amore trinitario; se, invece, amiamo il prossimo, in comunione con Maria, siamo, per così dire, immessi dallo Spirito nel mistero d'amore che lega la Madre al Figlio e scopriamo in noi la capacità di accogliere, con un cuore di madre, l'Unigenito, il Figlio unico in ogni prossimo con cui veniamo a contatto.

Hai mai provato, tu che mi ascolti, a guardare con sguardo di fede il tuo prossimo, vedendo in lui presente Cristo, l'Unigenito, l'unico Figlio, o hai sostato davanti a lui con l'animo già preoccupato delle altre persone da incontrare, delle altre cose da fare?

Non basta amare il prossimo come uno fra tanti, bisogna amarlo come l'unico.

Conosce meglio un albero chi ne ha piantato uno nel giardino di casa sua e lo ha visto crescere, fiorire a primavera, produrre frutti d'estate, diventare spoglio d'inverno, di chi ne ha visti migliaia, di sfuggita, percorrendo in macchina una strada in mezzo ai boschi.

Cessa di essere turista dell'umanità, vittima di quell'universalismo cristiano, che ti fa amare tutti per non amare nessuno! Comincia a interessarti di quelli che Dio ti mette accanto; se poi fossero povera gente, ignorante, un po' ottusa e piena di egoismo e di ambizione, ricordati che gli apostoli, recuperati ad uno ad uno sulle rive del lago di Tiberiade, non erano certo migliori, se, dopo tre anni di vita con Gesù, litigavano per contendersi il primo posto e non avevano capito il mistero del Maestro.

Come Gesù, impara a chiamare per nome quelli in cui le circostanze della vita ti fanno imbattere, portali a casa tua, istruiscili con pazienza, servili, attendili, entra nel loro mondo, nella loro mentalità, nella loro cultura, fatti «tutto a tutti» (1Cor 9,22), diventa serio con chi è triste, allegro con chi ride. Non basta che tu comprenda, con lo spirito, la situazione dell'altro, devi viverlo, al punto da sentire in te le sue gioie e le sue pene, come fa una madre col proprio figlio e col proprio figlio unico.

Mi dirai: «Com'è possibile fare questo per la mia natura umana, come faccio a comportarmi così con chi mi è antipatico? E non è semplice neppure con chi è simpatico!». Ti risponderò di non sforzarti neanche, tutto questo è impossibile alla natura; da quando Eva ha tratto in inganno Adamo, l'immagine di Dio impressa nella prima coppia umana, trinità della terra, è stata rotta e permane rotta in tutti i figli di Adamo ed Eva. Solo il nuovo Adamo e la nuova Eva, trinità terrestre della nuova creazione, possono generare il nuovo popolo dei figli e delle figlie di Dio, ma a condizione che questi ultimi lascino il vecchio uomo, irrimediabilmente rotto, e rivestano l'immagine dell'uomo nuovo, che, per così dire, ha nome Gesù-Maria.

In Cristo e in Maria, tu puoi vivere l'altro, scoprire Gesù in ognuno, amare ogni prossimo come l'Unico, la fede ti fa capace di quest'amore.

Non credere, però, che, su questa strada, tu debba necessariamente essere ricambiato nell'amore, diversamente non si spiegherebbe la crocifissione di Cristo.

È già una grande grazia essere fatto da Dio capace di voler bene; e tuttavia, finché il tuo amore non ha risposta, tu senti che qualcosa non va: in te, nell'altro, poco importa, e hai ragione di sentire così, soprattutto se, contemplando Dio Amore, ti ricordi che è comunione perfetta del Padre col Figlio nello Spirito, soprattutto se, ricordandoti della preghiera sacerdotale di Gesù, risenti nel tuo spirito riecheggiare le sue parole: «Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi» (Gv 17,21).

Finché tu non sperimenterai concretamente di voler bene a qualcuno, con tutta l'anima e con tutto il cuore, e di essere ricambiato, non conoscerai mai l'amore di Dio, né conoscerai veramente te stesso e la tua fede resterà, spesso, oscura e difficile.

Tuttavia non è in tuo potere essere amato, tu puoi solo amare, e anche questo ti è dato dall'alto. Non ti è, però, proibito di chiedere a Dio, a cui «nulla è impossibile» (Lc 1,37) il dono di concepire e generare, nello Spirito, con e in Maria, l'Uomo nuovo nella comunione vissuta con coloro che Dio ti dà come compagni di   viaggio nel cammino della vita; una simile esperienza non è programmabile da te, è solo in mano a Dio, nell'ora sua e con chi egli vuole; tuttavia solo il giorno in cui, in un rapporto concreto con qualcuno, comincerai a sperimentare il «tu in me e io in te», percepirai finalmente di essere te stesso, realizzando la tua vocazione di uomo e di donna; non si è tali, se non si è in comunione, non dimenticando che la relazione che meglio esprime l'immagine trinitaria nella carne è l'unità perfetta dell'uomo con la donna; non credere che una simile relazione sia facile e gratificante, ti domanda il «rinnega te stesso» evangelico sempre rinnovato, la fede nell'amore reciproco al di là di ogni forma, tuttavia ti dà la pienezza, ti svela a te stesso, ti fa crescere umanamente e spiritualmente, convoglia in un'autentica esperienza di Dio tutte le energie del tuo spirito, del tuo cuore, del tuo corpo.

In quest'ambito, l'uomo e la donna si incontrano sul piano della comunione perfetta data dalla complementarità dei distinti, destinata a veicolare l'incarna-zione della relazione trinitaria; non è, però, necessario essere un uomo e una donna, per vivere questa relazione, anche due fratelli, due sorelle possono sperimentarla, perché in Dio non c'è né uomo, né donna (cfr. Gal 3,28).

Nunziella Scopelliti, Maria, incanto e mistero, Effatà, Torino 2016, 92-95.

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