Questa meditazione della Madre viene approfondita per tutto il mese, negli incontri promossi dall'Istituto delle Suore del Bell'Amore e relativi Cenacoli, come anche altrove.
 
Meditazione proposta dalla Madre come Punto luce del mese.

LA FIDUCIA

Da una conversazione di sr. Nunziella Scopelliti
Palermo - Baida, 25 aprile 2003
Incontro dei Cenacoli del Bell'Amore
Trascrizione da registrazione1

Buon giorno!

Benvenuti e benvenute a Palermo, per chi viene da lontano!

Questo è uno dei nostri consueti appuntamenti ma, questa volta, vorrei dirvi qualcosa di antico, nella Chiesa, e di tanto nuovo; vorrei che partiste da qui con nel cuore una sola parola: la fiducia, la fiducia, la fiducia!

Forse, conoscendomi, potevate pensare che vi dicessi: "Vorrei che partiste da qui con una sola parola: l'amore"… e invece no: la fiducia, nient'altro che la fiducia, perché soltanto la fiducia porta all'amore e perché il problema fondamentale della nostra vita è questo, ma forse non l'abbiamo ancora capito.

Dal Vangelo secondo Matteo:

"Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «è un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei il Figlio di Dio!» (Mt 14, 22-34).

Pietro domanda a Gesù di camminare sulle acque, Gesù dice: "Vieni!", Pietro si fida e va, dopo un poco, ha paura. Perché ha paura, Pietro… piccola? Perché ha paura? (Una bambina: "Perché aveva paura del vento che lo faceva affondare"). Giusto! E prima, perché non aveva avuto paura? (La bambina: "Perché il mare era calmo"). Grazie! Esattamente così: Pietro, nel momento in cui il mare è calmo, non ha paura di camminare sulle acque, appena c'è il vento, ha paura.

Io vorrei sapere da voi che differenza c'è tra camminare sulle acque col sole o camminare sulle acque col vento. Non è un po' strano che Pietro non abbia avuto paura fin dall'inizio, per quale motivo ha avuto paura a un certo punto? Qui sta il problema della nostra vita, oltre che di quella di Pietro, e vorrei riuscire, con l'aiuto dello Spirito Santo, a dimostrarvelo.

Vorrei fare delle ipotesi, però non faccio una lettura esegetica, ma una lettura del tutto personale, audace, ma interessante per capire qualche cosa. Può darsi che Pietro non abbia avuto paura, in un primo momento, perché si fidava un pochino di Gesù e un pochino del sole, e che quando il sole è finito, o comunque la calma è finita e c'è stata la tempesta, non avendo più avuto una seconda sicurezza, oltre a quella di Gesù, si è trovato perduto, ha provato qualcosa che rasentava l'angoscia e la disperazione, non avendo nessun altro appoggio, e, a quel punto, ha gridato: "Gesù, salvami!". Non aveva più altro che la speranza in lui, non poteva più contare sulla bonaccia; ma allora, Pietro, ha sperimentato la fiducia prima o ha sperimentato la fiducia dopo? (Qualcuno dice: "Dopo"). Probabilmente.

Nella nostra vita, non ci capita spesso di fidarci un po' di Dio e un po' degli avvenimenti che vanno bene, della bonaccia nel ritmo degli avvenimenti…? Quindi, finché tutto va bene, noi crediamo in Dio; poi, quando le cose cominciano ad andare male e c'è vento, abbiamo paura, e non è detto che arriviamo subito a dire, con Pietro: "Signore, salvami!".

Facciamo un altro passo avanti; non sempre si tratta degli avvenimenti che vanno bene, molto di più - anche se non lo coscientizziamo abbastanza - si tratta del rapporto nostro con noi stessi, il primo grande rapporto da mettere in ordine, la prima grande relazione, che non va sempre bene. Noi ci fidiamo dei nostri cosiddetti meriti, non li chiamiamo tali, per carità, ormai la parola è andata in disuso, ma ci fidiamo del nostro comportamento fedele, morale, giusto, apprezzabile e speriamo sempre di poterci presentare davanti a Dio con la coscienza a posto. Quando la nostra coscienza è a posto, ci viene facile fidarci di Dio; ma quando, invece, non ci sentiamo a posto con la coscienza e ci pare di esserci comportati, in qualche cosa, male, quando ci sentiamo in colpa, quando non siamo contenti di noi stessi, non si sa perché, ci viene difficile fidarci di Dio; quello che c'entra Dio, in questa faccenda, non si capisce, però succede così.

Come vorremmo dire, con quel nostro fratello ebreo: "Ti ringrazio, Signore, di non essere come quel pubblicano, io mi comporto veramente bene!" (cfr. Lc 18, 11-12). Ed ecco il dramma: non abbiamo credenziali positive da presentare al buon Dio; ma, allora, ditemi: noi ci fidiamo veramente di Dio o tentiamo continuamente di fidarci di Dio e della calma sul lago della nostra anima, di Dio e di noi stessi, di Dio e della nostra parte, della parte che dobbiamo fare noi... e appena ci troviamo nella situazione di doverci fidare soltanto di Dio, lì scatta la paura: non possiamo più contare su noi stessi. Abbiamo mai pensato che se, alla fine della vita, potessimo dire a Dio: "Guarda, ma lo vedi come mi sono comportato bene per tutta la vita? Ti ho sempre rispettato, ho obbedito a tutto, ho osservato i comandamenti… Guarda come sono bravo (o brava)", un atteggiamento di questo genere sarebbe la direttissima per l'inferno…, ma noi non abbiamo tanto chiara questa faccenda, perché abbiamo un'idea tutta nostra del Cristianesimo… come vorrei demolirla, in quest'incontro!

La santità consiste nel comportarci bene o nella fiducia? (Qualcuno risponde: "Nella fiducia"). Bello dirlo, ma ci crediamo? Abbiamo il coraggio di crederci?

Ditemi, ma noi ci crediamo che Dio ci ama? Noi ci crediamo che Dio ci ama personalmente e che ama soltanto te, soltanto te, soltanto te, soltanto me…? In fondo in fondo, nessun peccato fa problema a Dio, niente ostacola il nostro rapporto con Dio, il nostro accesso alla più alta santità, tranne un solo, vero peccato: non fidarsi del suo Amore misericordioso, o peggio, non credere di aver bisogno della sua misericordia. Misericordia significa il cuore dato a te, misero, a te, misera, il cuore di Dio.

1 Il testo, rivisto dalla Madre, conserva lo stile del linguaggio parlato

Meditazione proposta dalla Madre come Punto luce del mese di febbraio 2013.

"Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?"(Mt 12,48)

È molto difficile, a mio avviso, cogliere l'abisso di bellezza della Vergine Madre perché siamo, rispetto a lei, piccoli, come il bimbo nel seno della madre: non può ancora vedere il suo volto, solo più tardi lo vedrà e spesso, soltanto da adulto, scoprirà l'importanza di quella presenza nella sua vita. Maria è grande proprio nel suo scomparire, nel suo "non esserci" per amore, solo lo Spirito Santo può darci di comprendere qualcosa di lei e qual è la sua funzione nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa.

 

Più che parlare di Maria, bisognerebbe cantarla: i poeti le hanno dedicato dei versi, gli artisti hanno realizzato delle opere bellissime, come la Pietà di Michelangelo. Molti sono i modi di onorare la Madonna, basti pensare alle varie feste liturgiche a lei dedicate o ai numerosi santuari mariani, disseminati in tutto il mondo.

Maria è un mistero, che non potremo mai conoscere a fondo, non dico mistero nel senso di qualcosa che non si può capire: il mistero non è incomprensibile, è inesauribile, per quanto si faccia non si riuscirà mai a coglierlo appieno.

Nelle Litanie lauretane invochiamo la Madonna come Ianua coeli: porta del cielo, questa litania ci fa cogliere qualcosa di lei: Maria è una capacità, un vuoto che contiene Dio o, meglio, che fa passare noi verso Dio e Dio verso noi. La porta è tale e svolge la sua funzione quando è aperta e lascia passare; potremmo dire che è il vuoto della porta che la fa porta; se la porta è chiusa è un muro, ed è inutile la sua funzione. Maria è la porta del cielo, la porta per Dio, per Gesù; se vogliamo cogliere questa dimensione mariana, da un altro punto di vista, potremmo dire che essa è l'ombra in relazione alla luce, la luce è il grande giorno: Gesù, Maria è la notte.

Leggiamo nel Vangelo di Matteo quell'episodio della vita pubblica di Gesù in cui sua Madre e i suoi parenti vanno a cercarlo e qualcuno gli dice: "Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti" (Mt 12,47). Gesù, in quella circostanza, alzando la mano verso la folla, verso i discepoli, esclama: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre" (Mt 12,49b-50).

In un'altra circostanza, nel Vangelo di Luca, leggiamo la nota affermazione di quella donna che, piena di ammirazione per Gesù, dice: "Beato il grembo che ti ha portato, e il seno che ti ha allattato!" e Gesù risponde: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28).

Questi due brani del Vangelo gettano luce sul mistero della Vergine Madre: Maria non è grande perché ha generato Gesù - anche per questo -, ma è grande per aver fatto la volontà di Dio e per aver vissuto la Parola di Dio, essa è tutta Parola di Dio, al punto tale d'aver generato Gesù, che è la Parola di Dio. Essa non è totalmente altro da noi: essendo Madre nostra, noi seguiremo il suo destino; la sua vita è anche la nostra vita, perché la vita di una madre scorre nelle vene dei figli.

Chi è, allora, la Vergine Madre? Parlare di lei è parlare di Gesù, in tutta la sua vita non c'è mai l'assenza della Madre, dopo la sua morte, essa rimane quasi a guidare gli apostoli nella Chiesa nascente, in qualche modo genera la Chiesa. Tutta l'esperienza umana di Gesù è con Maria, dalla nascita al Calvario; non è concepibile Gesù senza di lei. Dopo la risurrezione, egli si è portata in cielo la Madre, in anima e corpo, segno che egli non sta senza di lei. Come il Figlio, la seconda persona della Trinità, ha un Padre, è Figlio nella Trinità, così Gesù, il Verbo incarnato, è figlio a Nazareth: egli ha un Padre nella Trinità e una Madre nell'umanità.

Maria è il silenzio, su cui la Parola, il Verbo incarnato, risuona; se la Madre avesse dovuto parlare, io penso che avrebbe detto le stesse parole del Figlio, perché era una cosa sola con lui, essa è la Vergine dell'ascolto, colei che, come nessun'altra, fa la volontà di Dio perché è colei che, come nessun'altra, accoglie la Parola di Dio in sé. Come suoi figli, la sua vita ci è partecipata: siamo chiamati a fare l'esperienza di lei. Maria non si può imitare, è inimitabile, però si può vivere con lei, si può rivivere lei, si può fare la sua esperienza, si può partecipare della sua vita; quali suoi figli siamo chiamati a entrare dentro di lei e lasciare lei entrare dentro di noi. Non ci dimentichiamo che Maria sta in cielo con tutto il corpo, è l'unica creatura che è in cielo col corpo, ciò significa che è presente presso ciascuno di noi, nella nostra vita, in un modo del tutto particolare, del tutto diverso da come potrebbero essere presenti i santi; è allora possibile un rapporto con lei del tutto speciale: basta che ci apriamo a lei e la facciamo entrare in noi, ci ritroveremo subito in comunione con lei; ella vuole diventare l'anima della nostra anima.

Vivere la vita di Maria significa, prima di tutto, vivere con lei la volontà di Dio, seguendo le indicazioni dello Spirito Santo, attraverso la voce della coscienza, i comandamenti, i precetti della Chiesa e soprattutto il Vangelo; è, infatti, la Parola di Dio che ci dice la volontà di Dio, momento per momento, illuminandoci interiormente. La prima cosa in assoluto che dobbiamo fare per compiere la volontà di Dio è vivere l'attimo presente. Diceva Teresina di Lisieux: "Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi!"1. Sul nulla della nostra vita passata, sul nulla della nostra vita futura, se in quest'istante amiamo, siamo in Dio, qualunque sia stata tutta la nostra vita: vent'anni, trenta, quaranta, cinquanta, ottant'anni, pieni di gioie, di dolori, anche di sbagli, di peccati…, se nell'attimo presente amiamo e ci apriamo a Dio con un atto d'amore assoluto, totale, pieno, riscattiamo, purifichiamo tutta la nostra esistenza. Immaginatevi una persona, a ottant'anni, che si trovasse in punto di morte e che nella vita ne avesse combinate di tutti i colori, peccando gravemente…, se, un istante prima della morte, si affidasse a Dio, dicendogli: "Signore, così come sono, ti do tutto di me, prendi la mia vita, prendimi", quella persona, probabilmente, non andrebbe neanche in purgatorio… Quello che conta è l'amore, è l'amore che ci purifica, e l'amore possiamo viverlo in ogni istante; la grazia di Dio, la grazia attuale, non ci è data mai un attimo prima o un attimo dopo, ma solo nell'attimo presente; se, per esempio, vogliamo aiutare i moribondi a morire, non dobbiamo farli pensare alla morte, ma dobbiamo aiutarli a vivere l'attimo presente: attimo dopo attimo, un altro attimo, l'ultimo istante: la morte, un secondo, e troveranno Dio.

Dobbiamo imparare a vivere il presente, se ci distraiamo, pensando al passato o al futuro, non viviamo più nel presente, perché il passato è già passato, non tornerà più, quello che resta del passato siamo noi così come siamo diventati, il futuro non sappiamo se verrà; noi dobbiamo vivere solo questa frazione di secondo che chiamiamo attimo, amando con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze, facendo quello che Dio ci domanda in ogni momento, pienamente.

Amare nell'attimo presente è vivere in comunione con Maria, che è la donna d'amore; fare la volontà di Dio è amare perché Dio è Amore e tutto il Vangelo è il Vangelo dell'Amore. Alla fine della vita saremo giudicati sull'amore; basti pensare alla pagina evangelica sul giudizio finale, quando gli eletti si sentiranno dire: "Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?" (Mt 25,34-37). Il brano evangelico si conclude con la grande risposta di Gesù: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Gesù non dice: "…è come se l'aveste fatto a me", ma "…l'avete fatto a me", ciò significa che qualunque cosa facciamo al nostro prossimo, al fratello, alla sorella, la facciamo a Gesù nel prossimo. Alla fine della vita saremo giudicati soltanto sull'amore. Qualunque persona incontriamo è Gesù, non ci resta che amare, amare ogni momento Dio e amare il prossimo, perché in lui c'è Gesù, e questo nell'attimo presente; né possiamo amare genericamente, ma una realtà per volta, una persona per volta, interamente; anche le mamme, quando hanno un parto gemellare, generano un figlio per volta. L'amore è sempre personale, e si esprime nel presente: se non amiamo nel presente, non amiamo.

Per accogliere in noi il mistero di Maria, per vivere in comunione con lei la sua stessa vita, lasciamola libera di situarsi al centro della nostra anima e di insegnarci ad amare, ad aprirci ogni momento alla Parola di Dio, meditandola nel nostro cuore, come faceva lei, e mettendola poi in pratica soprattutto amando i fratelli e le sorelle che incontriamo nell'attimo presente, facendo quello che dobbiamo fare nell'amore: tutto è amore e dono di Dio.

Impegniamoci, allora, a vivere la volontà di Dio nell'attimo presente, mettendo in pratica la sua parola, per essere sempre in comunione con Maria, che è tutta Parola di Dio.

 

Palermo, 19 gennaio 2013

Sr. Nunziella Scopelliti

Carissime e carissimi tutti,
siamo ormai in piena calura estiva, in questo tempo di vacanze e spero di riposo, penso sia particolarmente utile cogliere il senso cristiano della cura del nostro corpo, perché tempio di Dio. Il silenzio interiore che ci rende capaci di seguire le mozioni dello Spirito Santo, richiede anche la giusta distensione fisica; nell'agitazione è difficile vivere un vero abbandono fiducioso per farsi condurre da Dio sulle sue strade.
Maria ci custodisca e avvolga nel suo manto.
A tutti buone vacanze!


IL VOSTRO CORPO È TEMPIO DELLO SPIRITO SANTO (1COR 6,19).

C'è una richiesta nella preghiera del Padre nostro che richiama particolarmente la nostra attenzione sulla realtà della nostra corporeità: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» (Mt 6,11). Gesù ci ha insegnato a chiedere ogni giorno al Padre il cibo materiale che nutre il nostro corpo e ancor più il "pane della vita": l'Eucarestia, pegno e causa della nostra risurrezione.
Il Figlio di Dio non si è, per così dire, angelicato, ma incarnato; ha conosciuto i bisogni della nostra umanità, ha avuto un corpo in tutto come il nostro; ha redento interamente la nostra persona: corpo-anima. Tutto è stato creato in vista di lui (cfr. Col 1,16), anche la creazione degli angeli è in funzione del piano della salvezza.
Il Verbo incarnato, non è diventato un angelo, assumendo la natura umana non ha conosciuto e amato Dio solo spiritualmente, per questo egli è il nostro Salvatore, sia relativamente alla nostra anima, sia relativamente al nostro corpo.
Nel Cristianesimo c'è il superamento del dualismo anima-corpo della filosofia greca. Anche la nostra carne conoscerà la gloria futura, ciò significa che il nostro corpo, in quanto creato da Dio, è buono in tutte le sue prerogative, nel suo modo di funzionare, nei suoi bisogni.
«Vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31), dirà la Genesi, riferendosi al Creatore. Dobbiamo allora accettarci dalle mani di Dio, così come siamo.
Gesù Redentore viene a salvarci non solo spiritualmente, ma anche corporalmente. Il mistero del Risorto riguarda, in modo particolare, il nostro corpo, non è un altro corpo che risorgerà, ma il nostro. Il corpo di Gesù risorto è segnato dalle piaghe gloriose, è quello stesso che prima è stato martoriato e trafitto sulla croce.
In Paradiso, il Risorto ha un cuore di carne che batte con palpiti umani. Cristo Gesù assumendo la nostra natura umana, l'ha portata al di sopra degli angeli; in lui anche noi avremo un giorno un corpo capace di sperimentare la pericoresi trinitaria, l'armoniosa bellezza della comunione dei risorti.
Il nostro corpo e le nostre passioni possono sostenere e potenziare la nostra vita spirituale; stanno a dimostrarlo i santi e le sante di tutti i tempi col loro ardore e i loro grandi sentimenti. La santità in fondo non è altro che innamorarsi di Dio e amarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze; essere interamente suoi e, in lui e per lui, interamente di coloro che egli ci dona quali fratelli e sorelle, figli e figlie, compagni e compagne di viaggio nell'ascesa verso di lui.
Siamo chiamati a esprimere la bellezza del mistero dell'incarnazione operante in noi; l'Amore ci suggerirà il modo di coinvolgere anche il nostro corpo e la nostra stessa psicologia nell'esperienza di Dio fino a trovare i mezzi più efficaci, così come avviene per lo spirito attraverso la lettura, lo studio, la meditazione…
Sappiamo, per esperienza, che le emozioni si iscrivono nel nostro corpo: quante volte ci ritroviamo stanchi, senza energie, senza neanche la forza di ridere a causa dell'intensità con cui abbiamo reagito davanti a certe situazioni! Noi siamo un tutt'uno: il rispetto di un ritmo di vita, le giuste ore di sonno, lo sport, il corretto dosaggio tra lavoro e riposo..., l'armonia dei vari aspetti concreti dell'esistenza quotidiana influisce non poco sulla nostra vita spirituale.
È anche grazie alla vita istintiva e alle passioni che la responsabilità dei nostri atti, anche delle nostre colpe, è spesso mitigata, perché non sempre la nostra determinazione è sufficientemente lucida; la tentazione, per esempio, può condurci fino al punto di sperimentare, interiormente, la lotta interiore per la quale la volontà aderisce al bene, mentre le nostre passioni e inclinazioni vanno in un'altra direzione. Eppure questa nostra corporeità è anche un aiuto potente per lo spirito, se ben armonizzata con le scelte di fondo della nostra vita.
Non si può ascoltare la voce dello Spirito nell'agitazione. Non va trascurata, a questo proposito, l'importanza della distensione fisica: ciascuno ha da trovare i mezzi adatti per rilassarsi: una passeggiata, qualche esercizio respiratorio, un po' di ginnastica, tutto può servire.
Tutto ciò che ha a che fare col corpo è spesso oggetto di studio della psicologia, della medicina, della bioetica, o di altre scienze umane, sembra che la spiritualità cammini da un lato e le scienze umane dall'altro. È esigita una spiritualità che inglobi, in modo integrale, la persona, anche nella sua corporeità. Noi possiamo dimenticare che un giorno il nostro corpo sarà rivestito di immortalità, vedremo nuovi cieli e una nuova terra, anche la nostra persona canterà allora la sua liberazione con tutta la creazione.
Siamo tempio di Dio, dobbiamo dunque prenderci cura del nostro corpo, facendo in modo di custodire anche la salute per amare meglio Dio e gli altri. Tuttavia la salute non è un bene così importante come la vita, la Vita vera quella infinita è la meta a cui ognuno di noi, integralmente preso, tende continuamente, camminando nella via dell'Amore, nella quale salute e malattia sono solo tappe della stessa strada.
Dobbiamo vivere la nostra esperienza di vita cristiana corpo-anima, anche il nostro corpo è destinato alla gloria, anch'esso deve entrare nell'esperienza di dio, perché è tempio di Dio.

Punto luce ottobre 2020

 

Carissime e carissimi tutti,

eccomi di nuovo a voi per riprendere il cammino di approfondimento della realtà della preghiera, aspetto fondamentale della nostra vita.

La comunione con Dio è strada di santità, richiede umiltà e apertura all’azione della grazia. In questo campo abbiamo sempre da farci piccoli e da imparare, perché l’azione di Dio è mutevole e può portarci per tornanti inattesi, sorprendendoci, consolandoci, purificandoci, illuminandoci.

A noi di assecondare la conduzione dello Spirito Santo che opera nei nostri cuori per farci creature nuove.

 

Unitissima in Gesù e Maria,

sr. Nunziella

Audio "Vita personale in comunione... con Dio e con la Chiesa orante"

 

 

 

Punto luce settembre 2020

 

Carissime e carissimi tutti,

questo mese di settembre ci vede ancora confrontati con la sfida della pandemia del coronavirus, che semina incertezze, paure e morte. Mi sembra perciò opportuno proporvi questo testo di un “teatro moderno”, che ho composto nella mia giovinezza e che è stato rappresentato in varie circostanze. Vuole farsi eco di quel cammino di conversione che tutti noi desideriamo vivere insieme a coloro che nella Chiesa e nella società vogliono farsi agenti di trasformazione positiva e portatrice di speranza in un mondo inquinato e lacerato da divisioni e ingiustizie. Solo il Vangelo delle beatitudini, infatti, può aprire un varco nel frastuono delle tante voci assordanti dell’umanità, dandoci uno sguardo d’amore verso i più piccoli e gli esclusi, i poveri e gli oppressi. Solo in Gesù possiamo trovare la pace e la salvezza, senza lasciarci catturare da false “beatitudini”, solo in lui Crocifisso ogni grido di angoscia si spegne e si trasforma in un grido di vittoria.

A tutti buon cammino,

sr. Nunziella

Scarica il testo de Il Vangelo della Carità.pdf (In fondo alla pagina puoi ascoltare l'audio)

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Mettere in scena un teatro… senza teatro, anche questo può capitare in tempo di covid.

Qualche tempo fa sr. Nunziella mi ha detto che avremmo potuto dar voce, con le più giovani, al “Vangelo della Carità”, proprio per comunicare, attraverso la “messa in scena”, la centralità dell’amore a Cristo nel prossimo, specialmente se fragile, povero, sofferente.

Il “Vangelo della carità” vuole interpellare lo spettatore, che presto si accorge di essere attore, anzi l’attore principale della sua vita di ogni giorno in cui si trova a scegliere se aderire alle “Beatitudini del Cielo” o a “quelle della terra”. Il testo è stato scritto da sr. Nunziella molti anni fa e messo in scena da diversi gruppi di giovani, tuttavia, molti di noi non lo conoscevano.

Ci siamo trovate, così, con Silvia, Diva e Desiree ad attaccare un microfono al mixer, collegarlo al pc e, con una buona dose di fantasia, ad entrare nella scena senza luci, scenografie… persino la mimica ha cercato di trovare una sua “traduzione” nella sola voce. In questo tempo di pandemia, come mai prima d’ora, abbiamo dovuto sacrificare i gesti, persino il sorriso costantemente coperto da una mascherina; eppure, proprio questo silenzio del corpo diventa il manto di carità che custodisce la vita del fratello. Fantasia, allora, fantasia… c’è, più che mai, bisogno della fantasia dello Spirito Santo, come più volte Papa Francesco ci ha ricordato, per comunicare l’Amore, a tutti sempre, con gioia, perché l’Amore ha vinto la morte, la cultura dello scarto.

È proprio sull’amore scambievole che abbiamo voluto e potuto far leva per questa piccola realizzazione: nessuna particolare dote o preparazione, pochi attori per non “fare assembramento”, tutto semplice, ma certamente un’esperienza capace di far interrogare ancora una volta ciascuna di noi sulla radicale verità e sorprendente novità delle Beatitudini evangeliche.

Sr. Daniela

 

 

 

 

 

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