Carissime e carissimi tutti,
se vogliamo camminare insieme sulla Via dell’Amore, dobbiamo rimettere continuamente a fuoco la nostra vocazione cristiana. Siamo chiamati a vivere il comandamento nuovo dell’amore scambievole datoci da Gesù; per questa strada potremo sperimentare la bellezza della comunione trinitaria, di cui il Figlio di Dio, incarnandosi, ci ha resi partecipi. Solo così diventeremo agenti di comunione nella Chiesa e nell’umanità, promuovendo ovunque rapporti di reciprocità, improntati a una dinamica di unità e distinzione, dove ogni persona e ogni gruppo umano siano rispettati nella loro unicità.


La Trinità è un mistero che non possiamo capire razionalmente, ma che possiamo comprendere e vivere nella fede.
Dio Trinità è comunione d’Amore: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, questo Amore è un Persona, è lo Spirito Santo.
Tutta la creazione proveniente da Dio porta la sua impronta, l’uomo creato a sua immagine è comunione di persone: maschio e femmina lo creò (Gen 2, 27).
In forza dell’Incarnazione, il Verbo di Dio assume la natura umana, attraverso la sua morte in croce e la sua risurrezione ci rende partecipi della comunione trinitaria nello Spirito, che ci fa uno con lui e tra noi. Per vivere in pienezza questa vita trinitaria dobbiamo aprirci sempre più all’azione dello Spirito, che ci innesta in Cristo Signore.
Provenienti dalla Trinità andiamo verso la Trinità, siamo chiamati a vivere in comunione attraverso la carità reciproca, nella quale si concretizza la vita d’amore, che Gesù è venuto a parteciparci, per questo ci ha dato il suo comandamento: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34b). Il comandamento nuovo è, dunque, la strada concreta per vivere la comunione trinitaria.
La Trinità è mistero di unità e di distinzione, anche noi dobbiamo vivere l’amore reciproco in modo da imparare a vivere ogni distinzione fra noi in funzione dell’unità.
Spesso siamo invece abituati a distinguerci per separarci, non è così in Dio.
La via per andare in Cielo ci mette insieme, ci fa uno fra noi, non è personale, individuale; non andremo in Paradiso da soli; gli altri non sono facoltativi nella nostra vita.
La carità reciproca è un dono che viene da Dio, non dipende solo dal nostro impegno personale, ma anche dall’azione dello Spirito che ci apre all’amore verso tutti senza escludere nessuno.
Ogni persona va rispettata nella sua particolarità, nella sua distinzione personale, essa rappresenta una nota irripetibile e diversa nell’armonia del Corpo mistico.
La carità ci domanda di amare tutti, e tutti significa tutti: tutti gli uomini e le donne di tutti i continenti e di tutti i secoli, tutti coloro che sono nati nel passato e tutti quelli che nasceranno nel futuro e che non conosceremo mai.
Dobbiamo vivere da persone riconciliate con tutti e con tutto, anche con la storia, senza coltivare odi razziali, risentimenti, pregiudizi.
Soltanto Dio, però, può amare tutti, essendo presente a ciascuno nel presente. Come possiamo anche noi amare tutti e ciascuno, nonostante i nostri limiti spazio-temporali?
Per amare tutti dobbiamo amare una persona per volta, non per amare solo quella persona, ma per poter amare tutti.
Mi spiego, se per esempio voglio prendere o sollevare un lenzuolo, mi basta toccarlo da un punto soltanto per muoverlo tutto, così se stabilisco un rapporto di autentica reciprocità con una persona qualunque, entro in comunione con l’intera umanità; quella persona diventa per me, per così dire, porta d’entrata nell’intero Corpo mistico.
Se, allora, amo il mio prossimo perché è presenza di Cristo, sono realmente in comunione con tutti gli uomini e le donne di tutti i tempi e con Dio stesso, ma debbo amare quella persona come fosse l’unica, scordandomi di quelle incontrate l’attimo prima e cancellando ogni nostalgia affettiva per altri fratelli e sorelle.
Come una sola particola di ostia consacrata mi unisce a Dio e all’umanità così è di ogni persona amata nel presente.
Si comprende l’importanza di fare silenzio dentro di noi per ascoltare l’altro, che prima di tutto ha bisogno di essere accolto. Amare come Gesù significa essere recettivi, nella Trinità infatti è il Figlio che riceve continuamente la vita dal Padre.
Se sappiamo ricevere, l’altro sarà poi più disponibile ad ascoltarci.
Lasciamoci guidare dallo Spirito per diventare capaci di amare tutti e ciascuno, per amare cioè Cristo in ogni prossimo e tutti in Cristo.
Dobbiamo farci presenti totalmente all’altro nel presente, perché l’altro ci rende presente Cristo e tutta l’umanità.
Il grado di amore e di santità con cui entreremo in Cielo sarà quello con cui la morte ci sorprenderà, quello sarà per sempre fissato nell’eternità. A che ci serve l’amore dato l’attimo prima se non lo attualizziamo nel presente, amando la persona che ci sta davanti? È questo l’unico modo per restare in comunione con tutti coloro che amiamo e con tutta l’umanità, anzi è il modo migliore per crescere nella comunione e ritrovarci poi più capaci di amare tutti.
Dobbiamo avere in noi quasi l’ansia che la nostra carità, in forza del comandamento nuovo, diventi reciproca e questo nella comunità ecclesiale e nella stessa società. Finché non amiamo al punto che l’altro ci ricambi, finché non ci rendiamo amabili in modo che per gli altri sia facile amarci, non potremo realizzare il comandamento nuovo. Non possiamo ritornare a Dio da soli; non basta amare dobbiamo anche essere amati. L’Amore tende alla reciprocità per natura, la risposta arriva sempre in un modo o in un altro, a volte ritorna da persone impensate o da Dio stesso. Anche il martire che muore non corrisposto nell’amore è seme di nuovi cristiani.
Siamo chiamati a vivere la comunione trinitaria, facendo in modo che la nostra reciproca carità susciti delle comunità vive, dove ogni persona sia rispettata nella sua unicità e una costante dinamica di unità e distinzione guidi i rapporti fra le persone e i vari organismi ecclesiali e sociali ordinandoli a una costruttiva relazione di scambio e di collaborazione attraverso un dialogo operativo ed efficace. Cooperare a stabilire rapporti di reciprocità tra persone, istituzioni, associazioni, gruppi differenti è la strada maestra per vivere la comunione trinitaria nella Chiesa e nella società, in un rapporto costante di unità e di distinzione.
Ogni carisma, ogni dono di Dio, ogni vocazione è per la Chiesa e per l’umanità, bando allora a ogni proselitismo, a ogni attaccamento; dobbiamo spalancare la nostra anima alle dimensioni del mondo, alle molteplici realtà ecclesiali e sociali, facendo nostre le ansie e le aspirazioni degli altri, promuovendo sempre l’amore reciproco tra persone e gruppi differenti.
Restare totalmente presenti all’altro che incontriamo, perché è Cristo e ci rende presente tutta l’umanità, è questa la strada per vivere in comunione con tutti. Il prossimo amato nel presente è veramente la porta d’entrata nel mistero della comunione ecclesiale e sociale.
Siamo chiamati a vivere l’amore verso tutti, attraverso l’amore a ciascuno, dobbiamo entrare in relazione con ogni persona per diventare costruttori, agenti di comunione, vivendo il comandamento nuovo, agendo in maniera tale che fra noi e intorno a noi nascono delle comunità piene di vita, dove la distinzione delle persone e dei vari carismi istituzionali sia in funzione della comunione. Per realizzare tutto questo la strada maestra è concentrarci nel presente per amare una persona alla volta, come l’unica, perché è presenza di Cristo Signore e porta d’entrata nel suo Corpo mistico.


vostra sr. Nunziella

Testo del punto luce di settembre 2024.pdf

 

Carissime e carissimi tutti,

vorrei questa volta approfondire con voi qualche aspetto del grande mistero dello Spirito Santo e della sua ineffabile presenza in noi e nella comunità ecclesiale.

Lo Spirito è, infatti, il vincolo della nostra unità in Cristo Signore, i suoi frutti di pace, gioia, benevolenza, amore… ridondano a nostro beneficio, sostenendoci nel cammino di santità, a cui Dio ci chiama.

 

La vera Chiesa di Cristo non è costituita da un tempio di pietre, ma da noi, pietre vive del suo Corpo mistico. Una costruzione, però, tiene bene se il cemento unisce le varie parti in armonia; questo cemento, questo legame, questa unità fra tutti noi nel Corpo di Cristo è opera dello Spirito Santo.

Noi cristiani crediamo in Dio, ma la grande rivelazione che Dio ha fatto di sé stesso ci ha manifestato un fatto strabiliante: Dio è una famiglia, perché è tre Persone, non è una sola persona.

Questo grande mistero e, conseguentemente, l’esistenza dello Spirito Santo, noi abbiamo potuto conoscerlo, per la prima volta nella storia, quel famoso giorno in cui, in una città della Palestina, in una piccola casetta, un angelo, un messaggero del Cielo, un inviato di Dio ha portato a Maria l’annuncio che lei, fra tutte le donne, era stata prescelta per essere la Madre del Messia atteso da secoli. In quell’occasione, l’angelo si è espresso in maniera tale da far riferimento alla tre Persone divine, così al momento dell’Annunciazione, per la prima volta nella storia dei secoli, abbiamo saputo che Dio è uno e trino e che esiste lo Spirito Santo.

Se proviamo a contemplare per un attimo il grande mistero della Trinità con sguardo di fede possiamo lasciarci illuminare dalla preghiera sacerdotale di Gesù: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi […]». (Gv 17,21)

Ci ritroviamo così a cogliere nella fede la bellezza dell’insondabile mistero della vita trinitaria partecipata a noi: Cristo in noi, noi in Cristo nel seno del Padre.

Gesù muore in croce per portarci nella sua famiglia, nella Trinità, per parteciparci l’Amore stesso che lo lega al Padre, lo Spirito Santo, l’ “abbraccio sostanziale”, l’ineffabile unità che mette in relazione l’Amante con l’Amato: l’Amore in persona, lo Spirito, Ruah, soffio, vento, brezza leggera.

Lo Spirito Santo ci unisce a Cristo, svelandoci il senso della presenza, dell’inabitazione della Trinità in noi; grazie alla sua azione siamo innestati e incorporati in Cristo. «Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito». (1Gv 4,13)

Gesù ci comunica il suo Spirito che lega ciascuno di noi a lui. È l’azione dell’Amore increato, vincolo di unità…

Lo Spirito, abbraccio sostanziale fra il Padre e il Figlio, al momento dell’Annunciazione, ha operato l’indissolubile unità, il “tu in me e io in te” (cfr. Gv 17,21) tra il Verbo e Maria.

La Vergine Madre esprime e compendia in sé tutta l’attesa del Messia del popolo ebraico. Lo Spirito, la Relazione sostanziale e increata, opera dentro e fuori della Trinità. All’unità tra il Padre e il Figlio corrisponde, in un certo senso, quella tra la Madre e il Figlio e di tutti noi innestati in Cristo.

Come i petali di una margherita sono uniti tra loro, perché legati ciascuno alla corolla, così noi siamo uniti fra noi perché legati a Cristo. Il legame nello Spirito con il Figlio, con Cristo Signore, ci fa uno tra di noi e ci fa Chiesa.

O immensa bellezza della comunione trinitaria!

Potremmo dire che in Dio-Trinità l’umanità non è altro che un immenso concerto, dove ogni persona è una nota irripetibile e unica.

Questa comunione in Dio fatta dallo Spirito non è panteismo, perché noi non ci perdiamo in Dio, ognuno di noi conserva, anche in Paradiso, la sua personalità, la sua nota, la sua distinzione personale. Noi, come persone, ci distinguiamo per poter amare Dio, laddove se ci perdessimo in lui, non potremmo più amarlo. L’identificazione d’amore la fa invece lo Spirito, perché ad un tempo unisce e distingue. È il mistero della Trinità, in cui le Persone sono uguali e distinte: Padre, Figlio e Spirito; è il mistero della vera comunione ecclesiale, in cui le persone sono uguali e distinte: uguali in dignità, ma distinte nel rispetto assoluto l’una dell’altra.

Quel che conta per noi è entrare in questo mistero, metterci cioè in contatto con lo Spirito Santo, per imparare a distinguere la sua voce interiore e la sua presenza in noi. La vita trinitaria di cui Dio vuole renderci partecipi non è frutto del nostro impegno personale. Noi possiamo solo predisporci ad accogliere in noi la grazia della comunione, in modo da permettere allo Spirito Santo di operare in noi con efficacia, senza vivere con gli altri come pezzi staccati di un unico mosaico, ma come membra vive del Corpo mistico di Cristo unite fra noi in lui. Questo è possibile se impariamo ad amarci lasciandoci guidare dall’Amore in persona, cioè dallo Spirito. L’amore umano, infatti, non è esente da crisi, non tiene in tutte le circostanze, non dura e anche quando dura non è esente da sofferenze, da prove, da fallimenti e anche da varie infedeltà.

Per essere membra vive del Corpo di Cristo, uniti fra noi, dobbiamo invece scegliere di amarci non tanto col nostro amore umano, ma guidati dall’Amore in persona, mettendoci in ascolto della voce interiore della coscienza attraverso la quale lo Spirito orienta e guida il nostro piccolo cuore conducendolo all’unità con Cristo e con gli altri in Cristo. Per far questo dobbiamo imparare a discernere quanto lo Spirito Santo ci suggerisce, interiormente, momento per momento.

Se viviamo sintonizzati sullo Spirito, godremo di una grande pace e dei suoi frutti: consolazione, gioia, benevolenza…

Lo Spirito ci abita, ci unisce a Maria, a Cristo; è presenza ineffabile, dolcissima; ci invade, ci guida. Se decidiamo di rinnegare noi stessi, persino nel nostro modo buono e bello di amare per imparare ad amare nello Spirito, se facciamo silenzio dentro di noi, per ascoltare la voce della coscienza e seguirla nell’attimo presente, se facciamo così impareremo ad esprimere l’amore in modi completamente diversi dai modi umani che, a volte, sono influenzati da interessi, condizionamenti, simpatie, paure, ecc. Si tratta di dire il nostro “sì” incondizionato all’Amore per vivere e amare nello Spirito.

Quel che conta è discernere la volontà di Dio da compiere nel momento presente, invocando lo Spirito Santo perché ci illumini e ci conduca sulle sue strade, restando costantemente e continuamente in comunione con Dio e fra noi.

Mettiamoci, allora, in ascolto dello Spirito perché ci conduca sulle sue vie e rafforzi sempre di più la nostra unità con Dio e fra noi in Cristo Signore.

La nostra preghiera diventi invocazione fiduciosa:

 

 

Vieni, dolce Consolatore,

vieni tu dentro di noi,

svelaci il segreto della tua Persona

e contempleremo l'insondabile tenerezza

con cui il Padre e il Figlio si amano.

 

Vieni, soffio infuocato,

accorda i nostri cuori

come docili strumenti

della tua divina orchestra;

intonali sul Figlio,

che è l'alfa e l'omega,

l'unica Parola che il Padre sol pronuncia,

in essa generandoci

parole nella Parola.

 

Vieni, dolce Consolatore.

 

Punto luce - Maggio 2024.pdf

sr. Nunziella

 

Carissime e carissimi tutti,

camminare insieme sulla via dell’Amore ci domanda di vivere in comunione con Dio, con noi stessi, con gli altri e con l’intera creazione.

Nel piano di Dio creatore siamo tutti collegati: l’umanità e il creato nella sua straordinaria varietà con gli innumerevoli esseri viventi che lo popolano, tutto costituisce un’incomparabile armonia. Spetta a noi ricondurre tutte le creature al loro Creatore, avanzando insieme verso la meta che ci attende, quando, alla fine dei tempi, Cristo Signore abbraccerà in sé tutto e tutti nella pienezza travolgente e trasfigurante della sua gloria.

Vedremo nuovi cieli e una nuova terra e la creazione sarà ricapitolata in Cristo.

Intanto, nella nostra condizione di viatori in questo mondo, non possiamo sottrarci alla grande responsabilità di custodire la nostra casa comune, senza deturpare e distruggere il nostro pianeta; per fare questo dobbiamo prima di tutto albergare la pace nel nostro cuore e fra noi; ogni divisione e ogni guerra, infatti, alimentano la violenza non solo contro le persone, ma anche contro l’ambiente.

Spadroneggiare, inoltre, e utilizzare in modo puramente utilitaristico i beni del creato deturpa la creazione e rende il mondo inabitabile per le future generazioni.

Siamo chiamati a una conversione costante e comunitaria; solo se siamo uniti fra noi, là dove siamo e abitiamo, possiamo influire positivamente sul resto dell’umanità e del pianeta. Siamo tutti interconnessi e interdipendenti, ogni nostra azione incide sull’insieme. Quel che conta è vivere riconciliati con noi stessi, con gli altri e con l’intera creazione, solo così la pace può regnare in questo mondo dilaniato da tante guerre e divisioni.

In tutto questo non perdiamo, però, la fede e la speranza nell’amore di Dio, certi che, nonostante tutto, stiamo avanzando insieme con tutte le creature verso la pienezza di Cristo, alla quale tendiamo fin d’ora più o meno consapevolmente, perché egli Risorto opera e orienta l’intera creazione verso il suo destino di pienezza.[1]

 

 

Un’esperienza personale

 Ricordo che ero ancora giovanissima quando davanti alla bellezza del creato ho fatto un’esperienza di intensa comunione con la natura: una inconsueta attrattiva mi ha spinta a guardare gli alberi, il cielo, i prati, il mare; guardavo amando, era come se ascoltassi, se comprendessi un discorso che la creazione mi faceva svelandomi il suo mistero. Ho intuito che il sole, la luna, i fiori… sono tutte parole di Dio.

Ad un tratto un tramonto ha attirato la mia attenzione: il sole infuocato faceva capolino tra due monti, la bellezza di quel gioco di luci e di colori mi ha colpita, mentre interiormente ho sentito che quel tramonto era un dono per me, solo per me. Ho percepito la gioia del dono del creato fatto a me. Le parole di san Francesco: “Fratello sole, sorella luna!” mi cantavano dentro. Ho sentito la certezza che il santo non aveva chiamato il sole, la luna, le stelle “sorella” “fratello” per fare poesia, ma perché li aveva effettivamente scoperti tali. Ho chiesto allora a Francesco di farmi capire qualcosa di quello che egli aveva intravisto davanti al mistero della natura.

Guardavo i monti, i prati e quasi li ascoltavo, sentendomi “creatura fra le creature sorelle”, dentro di me, presa da una forte commozione, mi si è illuminato in questi termini il mistero della natura: “L’albero, il mare, il sole, la luna ti sono “fratello” e “sorella” perché siete “figli” dello stesso Padre”.

Da quel momento in poi, anche in altre circostanze della mia vita, non mi sono sentita più libera neanche di stropicciare un fiore senza motivo, pensando che ogni creatura è “un dono per me” e un dono si accoglie con gioia e ammirazione per dimostrare al donatore che ci ha fatto piacere.

Dopo questa esperienza ho visto Maria in una luce nuova, mi è sembrato che nessuno come lei abbia vissuto in comunione con tutto il creato, nessuno come lei ha capito e amato la creazione, tutto a lei parlava certamente del Padre.

In questa luce ho capito che tutto è dono di Dio per me, tutto è per me; le strade, le case, le chiese, la natura sono per me. L’aereo con cui sono partita da casa per intraprendere la vita religiosa, la strada che da piccola mi portava a scuola la mattina, i monti, i prati, tutto Dio ha fatto per me, tutto è dono della Provvidenza per me.

 

La custodia del creato

Tutto Dio ha fatto per noi, per tutti e per ciascuno, dovremmo in questo metterci alla scuola di san Francesco per imparare da lui l’amore per la creazione; sono stata contenta di sapere che il santo amava tutte le creature specialmente quelle vive e che camminando cercava di non uccidere neanche le formiche.

Sappiamo che Cristo ricapitolerà tutto in sé (cfr. Ef 1,10); questa terra e questo cielo non saranno distrutti, ma trasformati.

Pensando a Francesco ho intuito come spirito di povertà e comunione col creato vadano insieme, in un certo senso nulla è nostro, ma noi possediamo tutto in Cristo: l’intera creazione che riceviamo come un dono del Padre.

Ciascuno di noi è stato voluto e concepito da Dio in profonda comunione con lui, con l’umanità e tutto il creato; tale armonia è stata però rotta dal peccato originale, che ha introdotto il male morale nella mirabile opera della creazione.

Dobbiamo imparare da san Francesco a ritrovare l’armonia originaria rispettando ogni creatura, senza sfruttarla o distruggerla, ricordando che è stata voluta da Dio e che ha un valore in se stessa, al di là dell’utilità che possiamo ricavarne.

Dobbiamo ritrovare la giusta relazione con Dio, con noi stessi, fra noi e con le altre creature. La mancanza di pace fra noi incide subito sulla natura che abitiamo. Ogni creatura è amata da Dio, a cominciare dal più piccolo moscerino o dall’esserino che vive solo pochi istanti.

L’uomo e la donna sono chiamati a collaborare con Dio, custodendo la creazione con cura e amore; tuttavia, il male fa sentire il suo peso nelle vicende umane e del cosmo: male fisico[2], per una certa imperfezione della creazione che tende ad evolvere continuamente verso traguardi più perfetti, male morale perché l’umanità con la sua libertà può sempre determinare vere regressioni nella storia del mondo. In tutto questo, però, dobbiamo nutrire l’interiore certezza che Dio sa trarre il bene anche dal male, mantenendo in esistenza ogni essere e facendolo progredire.

Il cammino dell’universo è un’evoluzione continua verso la pienezza, che è Cristo Signore. Tutte le creature camminano con noi e attraverso di noi verso una meta finale, che è la presenza di Cristo risorto che tutto accoglie e abbraccia in sé. Siamo chiamati a ricondurre a Dio tutte le creature, destinate anch’esse ad essere partecipi della vita eterna nella stupenda comunione dell’Amore.

Il Verbo di Dio per mezzo del quale e in vista del quale tutto è stato fatto (cfr. Col 1,16-17), si è incarnato e ha vissuto la sua vita terrena in questo mondo contemplando e amando ogni realtà creata, oggi da risorto vive in ogni creatura con la sua eterna gloria. Siamo tutti uniti fra noi e con tutte le creature, in cammino verso la luce e la bellezza di Cristo risorto, nostra vita e nostra pienezza.[3]

Dio Trinità, eterna comunione e relazione sussistente ha creato il mondo, infondendogli la sua impronta trinitaria, da qui quel dinamismo relazionale che fa sì che ogni essere vivente tenda a mettersi in rapporto con qualche altro, intessendo una trama di relazioni variegate e molteplici; ne deriva che la persona umana è se stessa solo se vive in relazione.[4] Siamo tutti, per così dire, interconnessi, non possiamo realizzarci senza essere in relazione, siamo chiamati a camminare insieme verso la pienezza, che è Cristo, vivendo in comunione con gli altri e con tutto il creato; dobbiamo riportare tutte le creature al loro Creatore, un giorno godremo con loro della Vita eterna, che sarà l’infinita bellezza di tutti gli eletti liberati in Cristo e dell’universo ricapitolato in lui.

Animati da questa speranza, se vogliamo essere fedeli al progetto di Dio, dobbiamo imparare a vivere la nostra vita terrena, incastonati nel presente, senza pensare al passato e senza preoccupazioni per il futuro, attenti a compiere con amore la volontà di Dio di ogni attimo, sapendo sostare davanti a ogni prossimo che incontriamo, prendendoci il tempo di contemplare la natura e di godere di ciò che è bello, senza ansietà e fretta. Compiere piccoli gesti di amore ci aiuterà a costruire ponti e legami di amicizia, la capacità di vivere con sobrietà senza inutili bisogni ci farà liberi dal consumismo, solo così godremo anche con poco, apprezzando persone e cose, intavolando autentici rapporti, intraprendendo cammini comunitari di conversione con l’interiore certezza che legami profondi ci uniscono a tutti gli esseri creati e che Dio ci chiama a vivere con loro in relazione vitale, fatti uno in Cristo Signore. Dobbiamo cessare di essere sfruttatori della natura per diventare custodi del creato quale opera di Dio a noi affidata, ma per fare questo dobbiamo essere prima di tutto uniti fra noi. È impossibile vivere il giusto rapporto col creato senza essere prima di tutto uniti con i fratelli e le sorelle che Dio ci affida, con coloro che ci sono vicini o che sono lontani, con l’intera umanità di oggi e di domani della cui vita dobbiamo sentirci responsabili facendo la nostra parte nel nostro piccolo angolo di mondo, sapendo che ogni nostro gesto d’amore, anche se sconosciuto, incide sull’equilibrio di tutto il cosmo. Il bene è diffusivo per natura. Non possiamo spadroneggiare sul creato per scopi utilitaristici.

La fede illumina il mistero della natura e ci fa capaci di intraprendere uno stile di vita sobrio, opponendoci, ciascuno secondo le sue possibilità, allo spreco e al degrado del nostro pianeta. Urge comprendere l’importanza di una visione cristiana dell’ecologia e i veri fondamenti della pace tanto desiderata e tanto minacciata dalla follia delle guerre che in ogni tempo devastano la nostra “casa comune”.

La destinazione universale dei beni è obbligatoria per garantire la dignità di ogni persona. Dobbiamo adoperarci perché ovunque regni la giustizia e l’equità, rispettando persone e ambiente, promuovendo in ogni modo il bene comune.

Coltiviamo nella fede l’interiore certezza che Gesù risorto è vivo e operante nel nostro mondo e che stiamo tutti camminando verso la pienezza di Cristo, quando “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28). Siamo tutti legati fra noi e con l’intero universo, immersi in una trama di relazioni, in cui la vita di uno dipende da quella degli altri.

Il mondo tende verso la sua meta, esso, infatti, pur conservando la sua autonomia, non è soltanto una realtà naturale, perché il Risorto opera in esso in modo misterioso orientandolo verso il suo destino di pienezza.[5]

Non ci resta che vivere con san Francesco una sana relazione col creato, operando continuamente a favore della pace e della comunione universale in ogni ambito e in ogni realtà; solo così possiamo intonare la nostra lode a Dio per e con tutte le sue creature.

 

Fatti voce

di ogni creatura

cantiamo gloria

a te, mio Signore.

 

Alberi, fiori,

piante, animali

son come noi

creature del Padre.

Prestiamo la voce

a questo universo;

anche le galassie

allora diranno:

“Gloria all’Altissimo,

Dio creatore”.

 

Il filo d’erba,

il sole, il bimbo

sono usciti

dalle mani

del Padre.

Creature fra le creature,

dando voce

alla creazione

cantiamo allora:

“Gloria a te,

mio Signore”.

 sr. Nunziella

 

[1] Cfr. Papa Francesco, Lettera enciclica sulla cura della casa comune Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 100.

[2] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 310.

[3] In quest’ottica si pone il pensiero di padre Teilhard de Chardin.

[4] Cfr. Papa Francesco, Lett. enciclica sulla cura della casa comune Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 240.

[5] Cfr. Papa Francesco, Lett. enciclica sulla cura della casa comune Laudato si’ (24 maggio 2015), n. 100.

Carissime e carissimi tutti,

eccomi a voi, all'inizio di un nuovo anno, per riprendere a camminare insieme sulla via dell'Amore.

Vogliamo, infatti, percorrere un cammino di santità non solamente personale, ma anche comunitario e aperto a tutti.

Se consideriamo per un attimo la dinamica delle relazioni umane, vediamo che l'amore umano è soggetto a continue tensioni; anche quando vogliamo sinceramente bene a qualcuno, spesso, finiamo col far soffrire coloro a cui ci sentiamo più affettivamente legati.

C'è da chiederci: "Esiste un altro Amore, diverso dal nostro, che resista in tutte le situazioni?".

Quest'Amore esiste ed è lo Spirito Santo, una Persona diversa da noi, ma noi spesso non amiamo, nello Spirito, guidati dalle sue mozioni interiori, ma ci limitiamo ad amare coi nostri sforzi personali. Dovremmo, invece, fidarci della conduzione dello Spirito Santo per imparare ad amarci scambievolmente come Gesù ci chiede: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12).

 

Quante volte, andando con lo spirito al ricordo di Gesù di Nazaret, potrebbe assalirci la nostalgia di lui, il desiderio di incontrarlo per le strade del mondo… eppure egli è con noi, in ogni prossimo che ci passa accanto, se, con sguardo di fede, sappiamo riconoscerlo in ogni persona che incontriamo.

Quante volte, invece, restiamo freddi e lontani gli uni dagli altri, semplici compagni di viaggio nel cammino della vita, o estranei e sconosciuti, perché l'egoismo, la paura e mille altri sentimenti ci chiudono alla relazione col fratello o con la sorella, che, in ogni attimo, ci sfiora in attesa del nostro amore.

Cerchiamo, allora, di attingere dalla Parola di Dio l'intramontabile legge dell'amore del prossimo.

L'apertura all'altro, di qualunque età o condizione esso sia, esige il superamento di ogni possibile diffidenza o antipatia.

Impariamo ad amare tutti, indistintamente, cominciando noi per primi, senza attendere che lo facciano gli altri.

Alla fine della vita saremo giudicati solo sull'amore.

Nella "via dell'Amore" non progredire è retrocedere, non ci si può fermare o battere il passo.

L'amore vero o è per sempre o non è amore… e tuttavia il tempo è fatto di tanti attimi; amare significa, allora, amare qui e adesso, nell'attimo presente.

Incarnandosi, Gesù viene a perfezionare la legge e i profeti, l'amore che ci chiede è senza misura: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12); è quel "come" che conta: è cioè il dono della vita stessa, che ha portato Gesù a morire in croce non per tutti noi, indistintamente, ma per ciascuno di noi, singolarmente preso.

Non sono mancati, nella storia della Chiesa, coloro che hanno versato il sangue per Cristo, basta pensare ai martiri di tutti i tempi. Se un giorno anche noi dovessimo ritrovarci nella stessa situazione di Edith Stein, di Massimiliano Kolbe, di Tommaso Moro… certamente ci verrebbe data da Dio la forza di affrontare il martirio; tuttavia, è raro che questo avvenga, ai più è chiesto un altro martirio, un altro modo di dare la vita: quello del dono di sé, momento per momento, nelle piccole vicende della vita quotidiana, nei piccoli gesti di attenzione, nelle cose ordinarie fatte, se amiamo, in modo straordinario, …ma spesso, troppo spesso, noi non abbiamo tempo e corriamo, corriamo come inseguiti da qualcuno…

Per amarci veramente, come Gesù vuole, dobbiamo prima di tutto imparare a fermarci, per raccogliere le nostre facoltà in un unico atto di attenzione amorosa verso l'altro, verso chi ci sta davanti e desidera incontrarci; diversamente, potrà capitarci di ascoltare senza capire, di guardare senza vedere, di parlare all'altro ignorando le sue vere esigenze e il centro della sua persona.

Gesù ci chiede di amarci scambievolmente, ciò significa che ci dà anche la forza per vivere il suo comandamento.

Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che per vivere l'amore reciproco richiestoci da Gesù bisogna essere almeno in due: due o più fratelli o sorelle che si amino scambievolmente.

Ecco allora la necessità di imparare ad amare gli altri alla scuola di Maria, Mater amabilis, sì da rendere agli altri più facile la risposta d'amore con la nostra amabilità, per fare questo, però, dobbiamo chiedere a Gesù la tenacia nell'amore e il dono di altri fratelli o sorelle, che condividano la nostra esperienza.

Dobbiamo camminare insieme, amandoci scambievolmente per essere e diventare sempre più Chiesa viva.

Amiamo, allora, e per amare posponiamo ogni cosa all'Amore, perché lo Spirito ci faccia una cosa sola in Cristo. Amiamo senza stancarci e quando avessimo toccato il limite estremo dell'amore umano, amiamo con l'Amore che viene da Dio, che è Dio…, ci accorgeremo che l'Amore stesso ci consolerà e ci renderà capaci di consolare gli altri con quella consolazione, che viene da Dio e risana i cuori (cfr. 2Cor 1,3-5).

Per amarci reciprocamente, come Gesù ci chiede, dobbiamo essere pronti a dare la vita, l'uno per l'altro, a cominciare dalle piccole azioni di ogni giorno, se così faremo, da questo gli altri ci riconosceranno come discepoli di Gesù (cfr. Gv 13,35); l'amore scambievole è, infatti, il distintivo di noi cristiani: da questo gli altri debbono riconoscerci. Tale comunione ci fa camminare insieme sulla via della santità, rafforzando la nostra fede nell'Amore, come dico nelle parole di questo canto col quale vorrei concludere questa mia riflessione.

 

Se qualcuno

ragionando

volesse provare

la tua fede,

forse ti turberesti,

ma poi

guardando

a ciò che vivi

tu non potresti

più negare

che nella tua vita

hai incontrato

l'Amore.

 

Tu l'hai sperimentato

nella comunione

che ormai ti unisce

a coloro che Dio ti ha dato

per vivere insieme

un'avventura

che non finisce mai.

 

L'Amore

dà senso

alla tua vita,

l'Amore è tutto

e tutto è Amore.

Tu l'hai incontrato,

ti ha inondata di luce,

ti ha riscaldata

e abitata.

 

Credi all'Amore!

 

Punto luce gennaio 2022.pdf

 

 

Dear all,

In not much time Lent will start, what a more opportune time to undertake a path of conversion. God does not want lukewarmness from us, we should aim high, and this won’t be difficult if we believe in Love, which is the secret of an authentic human and christian life.

God calls everyone to holiness, to reach it, it’s enough to do his will every moment, always starting again, without ever becoming discouraged.

The Holy Spirit wants to shape Christ and Him Crucified, in us; this is the road to our holiness.

I would like to be next to each of you and speak to you, heart in hand, to invite you to let Jesus be Jesus in your life. It’s this to which I also exhort myself in this time of conversion which the Church offers in the Lenten path.

Our life should testify to the world our faith in Jesus, who has redeemed us by his death on the cross; it’s about him that I want to speak to you in this “Point of Light”.

 

Looking at the men and women of our time, it sometimes happens that we meet people with a frowning face, worried, lost in a million thoughts; at times everything indicates a sense of emptiness and of unease. Against this background, it can happen that instead we meet an honest face, serene, lit up by the light of faith.

Faith, here’s what humanity needs, now more than ever.

How many times, in our daily life, millions of events, infinite stimuli, solicitations, worries, mishaps and limits weigh on our spirit, preventing us from soaring, free of all weight, in Love.

What to do when fatigue takes hold of us and we’re tempted to be discouraged? Well, let’s fix our gaze of faith on Jesus Crucified: his glorious death contains the history of all times.

If only we would be able to comprehend something of this immense mystery! What joy there would be!

Personally, I’d like to love the Savior Jesus very much, and I would also like that you may love him. Only God can give us this grace.

Jesus Crucified is the life that destroys death.

It’s inconceivable the love of this crucified God who, on the cross, comes to the experience of feeling abandoned by the Father, right while he’s dying, in order to “make us members of God’s family”, sons and daughters of the Father. In the moment when Jesus, in pain, lives his abandonment, in that moment, he seems an orphan, without family, without the Father. He is identified with the sin of the world, he, the innocent, no longer feels the love of the Father, who on the contrary is with him and truly has not abandoned him.

In that moment, Jesus forsaken summarizes, as it were, the suffering of humanity in every age.

Even we, when we are affected by whatever pain, can remember that Jesus has taken upon himself our every suffering, uniting our pain to his sacrifice of love; let us live our every suffering as a meeting with him.

If we do this we will come to experience the grace contained in our every trial and suffering.

Nothing like the Pasqual mystery is the response to all our most intimate aspirations: Jesus, in his abandonment, loved us in such a way that he took upon himself our pains, our sins, our very own death, defeating it with the victory of his resurrection. He crucified with himself our “old self” and our own death, since he is Life itself.

So let’s let ourselves be guided by the Holy Spirit so that we never become paralyzed in front of the trials and difficulties of life. If we contemplate the crucifix we’ll see that when, on the cross, he shouts: “My God, my God, why have you forsaken me?” (Mt 27,46) it seems he no longer feels the unity with the Father, who he calls God and no longer Father. In reality, he doesn’t lose the love of the Father, but so stricken by the physical, and above all spiritual suffering, being a human person he experiences feeling distant from God, he shares in this way our situation of misery and sin, to the point of feeling far from God, like us, devoid of his happiness in the moment in which he gives it, opening paradise to us.

Love calls for love. How not respond to so much love?

Let us be attentive to the interior movements of the Holy Spirit to learn the beauty of the constant offering of our life united to Jesus. Before our every action, let’s offer to Jesus that which we do, saying: “For you Jesus”. May this be the constant invocation of our heart, then, in front of various moments of suffering we can continue to offer our every little and great suffering to Jesus, telling him: “It’s you Lord, in this pain!”. In this way our life will have the taste of love.

So let us welcome every pain promptly, without analyzing it, beholding, with faith, the presence of Jesus forsaken, who comes to visit us and share our pain, we don’t live it alone but with him. We’ll discover that there is no suffering that isn’t participation with his passion, destined to be transformed into a song of love. Forward then, with courage, offering our every pain to Jesus, in this way we’ll live for the glory of God and the salvation of all.

 

Sr. Nunziella Scopelliti

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